Latina, ecco perché fu ucciso Fabio Buonamano

Latina, ecco perché fu ucciso Fabio Buonamano
di Laura Pesino
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Sabato 30 Ottobre 2021, 05:04 - Ultimo aggiornamento: 11:20

Dalle carte dell'operazione Scarface, arrivano nuovi tasselli che aiutano ulteriormente a capire le dinamiche della guerra criminale del 2010 a Latina, cosa l'ha scatenata e soprattutto il suo epilogo. Nell'ordinanza infatti ritornano passaggi delle dichiarazioni dell'ultimo pentito del caln in ordine di tempo, Andrea Praddissitto, arrestato lo scorso febbraio per aver partecipato all'omicidio di Massimiliano Moro, avvenuto proprio il 25 gennaio di 11 anni fa.
Insieme a lui erano finiti in carcere prima Simone Grenga, Ferdinando Ciarelli detto Furt e Ferdinando Ciarelli detto Macù, in un secondo momento anche Antoniogiorgio Ciarelli e Ferdinando Pupetto Di Silvio. Con l'ondata di arresti per il delitto Moro, nei mesi scorsi si è ricomposto il quadro della faida che aveva visto sfidarsi nel capoluogo, a suon di morti e feriti, i clan criminali rom ai gruppi emergenti non rom. E ora si aggiungono questi nuovi e illuminanti tasselli.


Nella carte della nuova inchiesta Scarface che ha sgominato i traffici del ramo della famiglia Di Silvio legato a Giuseppe Romolo vengono infatti riportati alcuni passaggi essenziali del lungo colloquio di Pradissitto con i magistrati dopo la decisione di collaborare con la giustizia. In seguito all'omicidio di Fabio Buonamano, detto Bistecca (consumato pochi giorni più tardi il delitto di Moro) Ferdinando Furt Ciarelli, suocero di Pradissitto, aveva cercato di calmare gli animi organizzando una riunione in casa di Armando Di Silvio. Al centro dell'incontro, a cui partecipano lo stesso Furt, Pupetto, Macù, Pasqualino e Carmine Di Silvio, c'è la questione della latitanza e del sostentamento economico di Pupetto e di Giuseppe Romolo, entrambi ricercati per il delitto avvenuto pochi giorni prima.


E' proprio in quell'occasione che Carmine spiega che fu proprio Buonamano a piazzare la bomba al lido di Latina che anni prima uccise Ferdinando il Bello. «Io ho pensato che avessero ucciso Buonamano racconta - per far vedere che anche loro reagivano per un'offesa subita, come avevamo fatto noi con l'omicidio di Moro dopo il tentato omicidio di Carmine Ciarelli. Eravamo stupiti aggiunge perché l'obiettivo avrebbe dovuto essere Carlo Maricca, in quanto i Di Silvio avevano sempre sostenuto che il responsabile fosse lui, le voci erano queste. Ma Carmine ribadì che Buonamano aveva avuto un ruolo, avendo piazzato la bomba».
Dalle carte di Scarface emerge che in una intercettazione effettuata nel 2019, il colloquio tra Giuseppe Romolo e suo fratello Carmine detto Porcellino offre «un primo straordinario riscontro» alle dichiarazioni del pentito.

Parlando degli omicidi della «buon'anima», ovvero Ferdinando Il Bello, e di «Bistecchella», ovvero Fabio Buonamano «da quanto appreso dalla voce dei diretti interessati -annota il gip - sembrano uno la conseguenza dell'altro». Infatti il microfono registra: «La colpa è di Bistecchella se è morto quello là».


Tornando alle dichiarazioni di Pradissitto, nell'incontro tra i vertici del clan tutti dichiarano la propria disponibilità a coprire economicamente la latitanza dei due ricercati, perché era ormai chiaro che le due famiglie si erano unite contro un comune nemico: il gruppo non rom che puntava a controllare le dinamiche criminali della città. Nella stessa riunione viene anche delineata la linea stragista che puntava ad eliminare tutte le persone che potessero ostacolare l'ascesa dei clan. Il primo nome è quello di Fabrizio Marchetto, obiettivo principale perché considerato braccio armato di Maricca, il secondo quello di Carlo Maricca e poi Mario Nardone e i fratelli Mazzucco. E a ognuno è assegnato un obiettivo: Carmine è incaricato di occuparsi di Maricca, Nardone e Maurizio Santucci; a Pradissitto e al ramo dei Ciarelli tocca Fabrizio Marchetto mentre i Di Silvio prendono l'incarico di uccidere i fratelli Mazzucco.


«Maricca, Marchetto, Nardone e Santucci spiega ancora il collaboratore ai magistrati erano molto legati e legati anche da rapporti di parentela. Avevamo capito che se volevamo allargarci dal punto di vista criminale oltre il territorio nostro bisognava farli fuori. Io controllavo la zona di Santa Maria Goretti ma se avessimo eliminato Marchetto ci saremmo potuti allargare sul quartiere vicino di piazza Mentana dal quale ci divideva una strada. Controllare il quartiere significava controllare le attività legate allo spaccio». E' così che i clan volevano prendersi Latina.

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