Migranti, dall’altolà a «Benvenuti da noi», il ribaltone della Cancelliera

Migranti, dall’altolà a «Benvenuti da noi», il ribaltone della Cancelliera
di Alessandro Di Lellis
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Sabato 5 Settembre 2015, 23:49 - Ultimo aggiornamento: 6 Settembre, 00:18
Se noi diciamo «Ok, potete venire tutti» e poi non siamo in grado di gestire questo, alcuni dovranno tornare indietro, non possiamo accogliere tutti»: così Angela Merkel, 16 luglio 2015, alla quattordicenne palestinese che vorrebbe studiare in Germania e che scoppia in lacrime. «Abbiamo chiare basi giuridiche che derivano dalla nostra Costituzione. Il diritto fondamentale all’asilo non fissa un limite al numero di chi lo richiede. Come Paese forte ed economicamente sano abbiamo la forza di fare ciò che è necessario»: sempre la cancelliera, intervistata dalla Berliner Morgenpost, ieri, 5 settembre 2015.

Tra una Merkel e l’altra corrono cinquanta giorni. Che cosa è successo in meno di due mesi, che cosa ha spinto la Bundeskanzlerin a questo testacoda? La risposta è nella volontà di mostrare capacità di leadership, per sé e per il Paese. La Germania, dopo aver costretto la Grecia a bere l’amara medicina dell’austerity, vuole mostrarsi superpotenza sì, ma umanitaria. Non è casuale il riferimento della cancelliera alla Costituzione, quella Legge Fondamentale che all’articolo 1 dice: «La dignità della persona umana è inviolabile». La Repubblica Federale nacque dal ripudio del nazismo negatore dei diritti umani. E ora, di fronte alle immagini dei profughi ammassati negli stessi luoghi nei quali venne consentito di passare, un quarto di secolo fa, ai tedeschi dell’Est in fuga dalla dittatura della Ddr, di fronte alle foto del piccolo siriano annegato, Berlino si costituisce avvocato dei fuggiaschi.

Nel ’92, quando a Est (ma anche a Ovest) bruciarono gli ostelli per i profughi, Kohl optò per una interpretazione restrittiva del diritto d’asilo. All’epoca, il flusso riguardava principalmente la Germania. Oggi invece tocca tutti noi, dal Mediterraneo ai Balcani. Una promessa di accoglienza così esplicita come quella fatta ieri è un potente motivo in più per chi punta a mettersi in marcia verso la Ue, possibilmente con la Germania come meta finale. Avverte la cancelliera: «Tutta Europa, in proporzione alla capacità economica e alla grandezza di ciascun Paese, è chiamata a rispondere».



LA CSU PROTESTA

Non è la prima volta che la leader venuta dall’Est, spesso accusata di immobilismo, lascia poi senza parole i concittadini e il mondo. Decisa sostenitrice dell’atomo ai tempi di Kohl (come ministra dell’Ambiente, era responsabile della sicurezza dei reattori nucleari), dopo l’incidente di Fukushima, a primavera 2011, annunciò dalla Cancelleria che la Germania avrebbe abbandonato progressivamente l’energia atomica. Merkel, che si muove in un mondo post-ideologico, ha scandalizzato la vecchia guardia del suo partito abolendo la leva obbligatoria e promuovendo misure a vantaggio delle donne single. La sua Cdu non è più da tempo un partito conservatore. Il suo potenziale avversario, la socialdemocrazia (Spd), oggi partner nel governo di Grande Coalizione, non sa a che santo votarsi. Il metodo merkeliano consiste nel rubare i temi all’avversario, perché la fuga di elettori scontenti del proprio partito verrà più che compensata da voti provenienti dal campo opposto.

Fin qui ha funzionato. Il passo che la cancelliera ha fatto in queste ore però è più che coraggioso: è temerario. I tedeschi hanno risposto in un modo che fa loro onore e che rappresenta il meglio della tradizione di civiltà, umanità e anche organizzazione della Repubblica Federale: i profughi sono stati accolti alla stazione di Monaco con le note dell’Inno alla gioia, hanno ricevuto applausi, cibo, conforto. Ma la tensione cova, fin nella maggioranza di governo: la Csu, gemella bavarese della Cdu, attacca Merkel. Sono passate appena due settimane dagli scontri anti-immigrati a Heidenau, presso Dresda. A parte le manifestazioni virulente degli estremisti, nel Paese profondo, quello che i tedeschi chiamano lo Stammtisch, il popolo delle birrerie, serpeggia il malcontento. Bernd Lucke, già fondatore del partito anti-euro AfD e ora di un nuovo gruppo politico, chiede di ridurre a un terzo il numero dei profughi. Il capolavoro della cancelliera, finora, è stato quello di tenere a bada queste tensioni: in Germania l’estrema destra è assente dal Parlamento da decenni e i populisti hanno sfiorato ma non superato la quota del 5 per cento. La politica di accoglienza potrebbe ribaltare questo quadro. Anche per questo Berlino ieri rassicurando l’Ungheria ha detto che «l’apertura delle frontiere è un’eccezione». Il passo di ieri è comunque epocale. La Germania rischia: può permetterselo. Il problema è che ciò che essa decide finisce per imporsi a un Continente intero.
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