Amri, quella colonia tunisina tra i campi di Aprilia

Amri, quella colonia tunisina tra i campi di Aprilia
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Giovedì 29 Dicembre 2016, 08:41 - Ultimo aggiornamento: 22:46

IL REPORTAGE
LATINA Una terra di confine tra Roma e Latina. Aprilia è la terza città del Lazio per popolazione con oltre 72.000 residenti e ha una periferia - quella di Campoverde - che si divide tra due grandi industrie farmaceutiche e terreni agricoli che si perdono a vista d'occhio tra la Pontina e il confine con Velletri. È un crocevia. È lì che sono insediati, da tempo, gli immigrati che vengono utilizzati per il lavoro nei campi. Sono soprattutto nordafricani, arrivano per le campagne estive delle angurie e non se ne vanno più. C'è chi qualche mese lavora nella raccolta dei kiwi, chi riesce (pochi) a farsi fare un contratto e chi delinque. E' qui che Anis Amri ha trovato rifugio.
CAMPOMORTO
Un non luogo ricco di storia, che nel Seicento si chiamava Campomorto, e che oggi riempie le cronache per reati minori. Una sorta di enclave. Chi può lavora, chi non ci riesce si arrangia. Con la droga, soprattutto, spaccio al minuto, piccole estorsioni, meno con la prostituzione. Poi c'è chi risponde alla richiesta di aiuto di un connazionale, come Anis Amri, appunto. Il futuro terrorista cercava un posto dove non dare nell'occhio dopo aver lasciato le carceri siciliane un anno e mezzo fa. E ha scelto le campagne di Campoverde. Un caso? È quello che vogliono capire gli investigatori dell'anti terrorismo che l'altro pomeriggio sono piombati nell'appartamento di via Virgilio e l'hanno passato al setaccio. Era qui che era diretto l'uomo della strage di Berlino?
LA CASA IN VIA VIRGILIO
Via Virgilio è la strada principale, divide a metà il borgo, non lontano dalla casa farmaceutica Recordati, dalla Pontina e dall'Abbvie. Tutto intorno ci sono campagne, casolari diroccati. In via Virgilio no, sono stanziali i nordafricani che vivono lì. A dare ospitalità ad Amri è stato un altro tunisino. Gli investigatori non l'hanno trovato in casa perché è in carcere, deve scontare quattro anni per diverse pene accumulate in passato. C'era la moglie, però, un'italiana, che è stata interrogata insiene ai parenti del marito. A quanto risulta non hanno trovato né armi, né altri riferimenti chiaramente riconducibili al terrorismo. Amri e il tunisino di Campoverde erano arrivati insieme a Lampedusa. Poi il terrorista era finito in carcere, l'altro era riuscito ad arrivare ad Apilia.
La tappa pontina di Anis Amri fa riflettere gli investigatori. Ma qui non ci sono mai stati problemi con la comunità musulmana. Anzi, l'estate scorsa l'imam Naser Otman, rappresentante dei musulmani residenti sul territorio pontino aveva avuto parole nette: «Noi condanniamo qualsiasi tipo di violenza, l'Italia oggi è anche il nostro Paese e, ora più che mai, ha bisogno anche della nostra vigilanza. Tuttavia la parola terrorismo non può essere sinonimo di islamismo». Molto diverse da quelle pronunciate nel 2001 dopo l'attentato alle Torri gemelle dall'imam del capoluogo Ibrahim El Gaeysh: «Non guardare le cose solo dal tuo lato, meglio guardarle da tutti i lati. Bin Laden un tempo faceva comodo agli americani, quando combatté contro i russi. Adesso dicono che è un mascalzone e un vigliacco. E le prove?». Sono passati 15 anni e tutto è cambiato, nel mondo e a Latina. Non si parla più di Al Quaeda, ma dell'Isis. Gli investigatori tengono la guardia alta, ma sanno che è difficile se non impossibile pensare di individuare una cellula organizzata, addestrata e sovvenzionata. Bisogna temere le schegge impazzite che possono nascondersi ovunque.
PAURA IN MENSA
E proprio ieri sera a Latina ci sono stati momenti di tensione alla mensa Caritas quando un ragazzo di 22 anni, anche lui tunisino, ha dato in escandescenze cominciando a fracassare piatti contro il muro urlando Allah Akbar. Alla fine non riuscendo a fermarlo gli addetti hanno chiamato la polizia e gli agenti lo hanno arrestato.
Pochi chilometri più a nord, nell'area tra Campoverde e Torre del Giglio tra Carano e Torre del Padiglione ci sono migliaia di stagionali a cui si mescolano gli irregolari come Amri. Le ultime statistiche del Comune parlano di 150 tunisini iscritti all'anagrafe, ma basta fare un giro solo a Campoverde per rendersi conto che sono molti, molti di più. È lì che Amri ha trovato rifugio dopo essere stato scarcerato. E forse è lì che voleva venire a nascondersi.
Vittorio Buongiorno
Giovanni Del Giaccio
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