Diciassette anni dopo la strage, la casa di via Diaz non è cambiata. I muri dipinti di giallo, le imposte di legno alle finestre, la corte d’ingresso dove Rosa e Olindo avevano parcheggiato il camper su cui salivano giusto per bere un caffè. «Quando sono entrati i soccorritori, l’11 dicembre 2006, si sono trovati di fronte una scena tremenda. Ricordo ancora l’odore di bruciato, il suono delle sirene. Per la nostra piccola comunità è stato spaventoso e fin dall’inizio ho pensato: ma come sono riusciti, quei due lì, a combinare una cosa del genere?», rimugina il signor Colombo, che ora transita da piazza Vittorio Veneto a pochi metri dall’edificio del massacro di Raffaella Castagna, del figlio Youssef di due anni, di Paola Galli e Valeria Cherubini.
PIANIFICAZIONE
Se lo chiede lui e se lo domandano anche parecchi concittadini di Rosa Bazzi, sessant’anni, e di Olindo Romano, sessantadue. A Erba tutti più o meno si sono fatti un’opinione e quella prevalente è: marito e moglie sono due persone un po’ strane, ma in fondo sono solo due ingenuotti che si sono fatti incastrare. «Basta guardarli.
Soprattutto, c’è un particolare che richiama a una sorta di esecuzione appartenente a una cultura che non è la nostra: il piccolo Youssef è stato sgozzato, è morto per una coltellata che gli ha reciso la carotide. E poi ci sono le numerose incongruenze nelle indagini». Chi invece pensa che siano i due coniugi i responsabili della strage ha un’unica preoccupazione: che escano dal carcere e tornino ad abitare ad Erba.
I TIMORI
Paola porta a spasso il cane, abita in fondo a via Diaz: «Tre gradi di giudizio hanno stabilito che sono colpevoli, non credo che siano stati abbindolati. Spero non escano dal carcere e mi auguro non ricompaiano qui. Del resto non hanno nemmeno più un posto dove stare, perché dovrebbero?». Nel 2010 la famiglia Castagna ha ristrutturato e donato alla Caritas l’edificio, che ospita persone in difficoltà. «Dopo le tenebre, la luce», il desiderio di Carlo Castagna, scomparso nel 2018, che ha perdonato gli assassini. Gli altri appartamenti hanno cambiato inquilini, non ci sono più le due sorelle timide e spaventate che non hanno mai avuto la forza di raccontare di quella sera. E dieci anni fa è morto Pietro Ramon, sopravvissuto perché al momento della strage stava guardando la televisione con le cuffie in testa e non ha sentito le urla. Lo hanno salvato i pompieri, che hanno abbattuto la porta quando il fumo stava già invadendo la sua abitazione.