Olindo Romano, la lettera mostrata a Mattino Cinque: «Ho cambiato lavoro, spero di uscire e avere un futuro con Rosa»

«In carcere è cambiata anche l'atmosfera: tutti mi esprimono solidarietà e mi incoraggiano a non mollare»

Olindo Romano, la sua nuova vita in una lettera: «Ho cambiato lavoro, spero di uscire e avere un futuro con Rosa»
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Mercoledì 10 Gennaio 2024, 19:27 - Ultimo aggiornamento: 11 Gennaio, 00:47

Una lettera, scritta da Olindo Romano, e consegnata al giornalista Marco Oliva che l'ha letta a Mattino Cinque News. L'uomo, condannato all'ergastolo insieme alla moglie Rosa Bazzi per la strage di Erba dell'11 dicembre 2006, ha parlato della sua rirovata fiducia nella giustizia. «Lo confido a te, forse un po' più delle altre volte sono fiducioso nella giustizia. Incrociamo le dita. In carcere è cambiata anche l'atmosfera: tutti mi esprimono solidarietà e mi incoraggiano a non mollare. Ho cambiato lavoro, non faccio più il cuoco in cucina ma mi occupo dei lavori da imbianchino. Spero di uscire da qui prima o poi e di avere un futuro con Rosa».

Strage di Erba, Olindo: «Non vedo l'ora che arrivi quel giorno». E telefona a Rosa: «Felicissima»

La telefonata di Olindo a Rosa

Olindo, incontrato dal suo tutore l'avvocato Diego Soddu nel carcere di Opera, ha esclamato, pur un poco frastornato, alla novità: «Non vedo l'ora che arrivi quel giorno per affrontare un vero processo».

Anche la moglie, a cui aveva telefonato e che si trova detenuta a Bollate era «felicissima». Il primo marzo, quindi, a Brescia, il pensiero andrà a quel freddo tardo pomeriggio dell'11 dicembre del 2006 in cui i vigili del fuoco intervennero per domare un furioso incendio nella Casa del ghiaccio di Erba. Domarono l'incendio ma soprattutto trovarono quattro persone uccise a coltellate e sprangate, tra cui un bambino di due anni, Youssef e una quinta che si salvò miracolosamente.

Le nuove prove

Per Olindo e Rosa la sorte potrebbe cambiare se i giudici bresciani, dopo 18 anni, dovessero accogliere e ritenere valide le «nuove prove», a detta dei difensori, raccolte nelle loro istanze per chiedere la revisione della sentenza emessa dalla Corte d'assise di Como. La loro istanza è riunita a quella, addirittura precedente, del sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser. Si tornerà a parlare del riconoscimento da parte del sopravvissuto Mario Frigerio (morto negli anni successivi) di Olindo come il suo aggressore, confermato in dibattimento ma che la difesa ritiene possa trattarsi di un «falso ricordo»; della macchia di sangue della vittima Valeria Cherubini trovata sul battitacco della macchina di Olindo, una «non prova» per la difesa; delle confessioni , poi ritrattate, dei due coniugi che i legali e lo stesso Tarfusser ritengono che abbiano avuto una genesi non genuina, se non addirittura che siano state indotte.

 

I nuovi testimoni

Ci sono poi i nuovi testimoni: un nordafricano che fa risalire la strage a contrasti tra un gruppo di spacciatori nemici di Azozuz Marzouk, marito di Raffaella e padre del piccolo Youssef, due delle vittime, e un ex carabiniere secondo il quale mancano gran parte delle intercettazioni pregnanti nell'ambito dell'inchiesta. Prove che, se ritenute nuove e degne di portare al proscioglimento, potrebbero, una volta accolte e approfondite, avere come conseguenza l'annullamento della condanna dei coniugi. Nel caso contrario rimarrebbe l'ergastolo, per quanto la decisione sia ricorribile per Cassazione. Rimane sullo sfondo lo scontro tra Tarfusser e la Procura di Como. Massimo Astori, che fu pm nel processo di primo grado e ora è procuratore facente funzione, reagì in modo veemente. Nessun stupore per l'iniziativa dei difensori ma, aveva scritto in una dura nota, quello sui cui i magistrati comaschi non transigono, è che Tarfusser, nella sua proposta usi espressioni come «condanna pronunciata in conseguenza di falsità in atti», «manipolazioni da parte dei carabinieri» e l'uso di fonti di prova «come 'grimaldellì per convincere i fermati a confessare» quando la lettura delle sentenze «non lascia spazio a perplessità». Le confessioni di Olindo e Rosa «sono state dettagliate sino alla descrizione di ogni minimo e più atroce particolare» e «sono state seguite da ulteriori dichiarazioni confessorie a più interlocutori e persino da appunti manoscritti contenenti chiare ammissioni vergati da Olindo Romano in undici diverse occasioni», comprese le annotazioni che l'ex netturbino fece sulla copia della Bibbia in carcere di cui la difesa dà una lettura opposta.

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