Serena Mollicone, oltre vent'anni di misteri e assoluzioni: domani inizia il processo d'appello

Ultimo atto per l'accusa per ribaltare la sentenza della corte d'assise di Cassino

Serena Mollicone, oltre vent'anni di misteri e assoluzioni: domani inizia il processo d'appello
di Vincenzo Caramadre
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Mercoledì 25 Ottobre 2023, 07:39 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 11:24

Omicidio di Serena Mollicone, al via il processo d'appello per i cinque imputati assolti dalla corte d'assise di Cassino il 20 luglio 2022. Domani alle 9.30, dinanzi alla prima corte d'assise d'appello di Roma - presieduta dal giudice Vincenzo Gaetano Capozza - ci sarà la prima udienza del nuovo capitolo processuale legato al Giallo di Arce. Ultima possibilità per l'accusa di ribaltare, nel merito, la sentenza di primo grado, che ha smontato la ricostruzione eseguita dalla procura di Cassino dopo la riapertura delle indagini nel 2016. Si riparte, da un lato dalle motivazioni assolutorie e dall'altra dagli elementi sui quali la procura ha puntato per chiedere la condanna in appello.

LE MOTIVAZIONI

Nelle motivazioni di primo grado la corte presieduta dal giudice Capurso ha ritenuto che nei confronti degli imputati ci «siano indizi, ma non prove». Ed ha cosi argomentato: «I numerosi indizi raccolti dalla procura non sono sorretti da prove sufficienti». Di conseguenza sono caduti tutti gli elementi che l'accusa riteneva (e ritiene) granitici per dimostrare il coinvolgimento - nel delitto della studentessa di Arce, avvenuto il primo giugno 2001 - di Franco, Marco e Annamaria Mottola (difesi dagli avvocati Francesco Germani, Enrico Meta, Mauro Marsella e Piergiorgio Di Giuseppe), ma anche dell'ex luogotenente Vincenzo Quatrale (difeso dagli avvocati Paolo D'Arpino e Francesco Candido) e del carabiniere Francesco Suprano (difeso dagli avvocati Cinzia Mancini ed Emiliano Germani). La dichiarazione choc del brigadiere Santino Tuzi, morto suicida nel 2008, sull'ingresso della giovane in caserma il giorno del delitto è stata ritenuta «contraddittoria, incerta, confusa». Bollata come «frutto di suggestioni e ricostruzioni del medesimo effettuate al momento, alla luce degli elementi che gli venivano forniti». Al pari l'arma del delitto: la porta contro la quale la 18enne sarebbe stata sbattuta nel corso di un litigio con Marco Mottola, figlio dell'allora comandate della stazione dei carabinieri di Arce. «L'ipotesi dell'impatto con la porta non si ritiene dimostrata dalle consulenze merceologiche e genetiche», ha scritto la corte di primo grado.

L'ACCUSA

Il procuratore capo facente funzioni Beatrice Siravo (applicata al caso anche nel secondo grado) nell'atto di appello di 275 pagine ha ribadito che «la condotta dei Mottola (tutti concorrente sul piano materiale e morale) è stata, non solo assolutamente anti-doverosa ma anche caratterizzata da pervicacia e spietatezza nel nascondere quanto realmente accaduto».
E sul brigadiere Tuzi. ha scritto: «Le dichiarazioni di Tuzi sull'abbigliamento della ragazza (dice di non aver visto le scarpe) sono compatibili con la visuale offerta dal punto in cui era di piantone». Di conseguenza, conclude: «Il primo giugno Serena ha fatto ingresso in caserma, dove ha trovato la morte». Ad appellare la sentenza anche le parti civili, tra esse l'Arma dei carabinieri che ha quantificato il danno d'immagine in 200 mila euro. Richieste di condanna anche degli avvocati Dario De Santis, Sandro Salera, Antony Iafrate, Federica Nardoni, in rappresentanza della famiglia Mollicone; rispettivamente dello zio Antonio, della sorella Consuelo e della zia Armida.
 

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