Serena Mollicone, il procuratore d'Emmanuele:«Presenteremo appello, non ci saranno nuove indagini»

Il pool di difesa della famiglia Mottola aveva “suggerito” l’avvio di una nuova stagione di accertamento senza un nuovo processo

Serena Mollicone, il procuratore d'Emmanuele:«Presenteremo appello, non ci saranno nuove indagini»
di Vincenzo Caramadre
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Mercoledì 8 Febbraio 2023, 22:47 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 07:19

 C'è piena fiducia negli accertamenti scientifici e nell'impianto accusatorio portato all'attenzione della corte d'assise, dopo 4 anni di indagini, e per questo verrà appellata la sentenza di assoluzione nei confronti dei cinque imputati per l'omicidio di Serena Mollicone. Le parole che pronuncia il procuratore capo di Cassino Luciano d'Emmanuele all'indomani dell'invito del pool di difesa della famiglia Mottola, a «non appellare» la sentenza, sono poche, ma sufficienti a dare la giusta impronta al momento. Ai giorni successivi al deposito, dopo sette mesi, dalle motivazioni che hanno portato lo scorso 15 luglio all'assoluzione di Franco, Marco, Anna Maria Mottola e dei carabinieri Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale. «Il sostituto procuratore Beatrice Siravo, sta analizzando, dettagliatamente, la sentenza è procederà con l'appello», ha spiegato il capo degli inquirenti. Un messaggio in pillole che pesa e nel quale si legge la determinazione della procura.

LA DECISIONE

Un lavoro al quale il pubblico ministero Siravo sta lavorando in via esclusiva, e per questo il procuratore d'Emmanuele ha disposto «l'applicazione al caso Mollicone» avocando al suo ufficio tutti i fascicoli di nuova iscrizione indirizzati al sostituto. Non ci saranno nuove iscrizioni e non ci saranno nuove indagini come richiesto, esplicitamente, dagli avvocati della difesa Mottola e dal criminologo Carmelo Lavorino. Nelle scorse ore nel corso di una conferenza stampa tenuta al Palazzo delle Cultura di Cassino i difensori avevano palesato la necessità di avviare nuove indagini, ripartendo dagli aspetti scientifici, le tracce dattiloscopiche (impronte digitali), rinominate 15A, 15B e 18A, da una delle quali è stato anche estratto un profilo genetico misto.
Le motivazioni, elaborate dal giudice a latere della corte d'assise, hanno fotografato un processo nel corso del quale non si è formata la prova «oltre ogni ragionevole dubbio».

Tanti indizi «non compendiati da prove», che hanno fatto crollare le certezze dell'accusa e gli elementi sui quali si poggiava.

Su tutti i presunti depistaggi contestati all'ex maresciallo Franco Mottola, a capo della stazione di Arce nel 2001; ma anche l'arma del delitto: la porta di un alloggio della caserma, contro la quale sarebbe stata sbattuta Serena. Ma sopratutto le dichiarazioni choc del brigadiere Tuzi (morto suicida nel 2008), sull'ingresso della 18enne in caserma nel 2001. Scrive il giudice: «Le versioni offerte da Tuzi sono apparse, anche alla luce delle registrazioni, contraddittorie, incerte, confuse, frutto di suggestioni e ricostruzioni del medesimo effettuate al momento, alla luce degli elementi che gli venivano forniti».

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