Trent'anni di "We Are the World", il 28 gennaio 1985 Jackson e co. registravano la hit benefica

Michael Jackson e le altre stelle di We are the World
di Giacomo Perra
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Martedì 27 Gennaio 2015, 13:32 - Ultimo aggiornamento: 15:42

«Cosa resterà di questi anni Ottanta?» si domandava alla fine del decennio più edonistico del secolo scorso Raf.
A livello musicale, la risposta è semplice: oltre alla sua canzone, sicuramente “We Are the World”. Correva il 1985 e, mentre tra povertà estreme e lusso sfacciato il mondo viveva pure allora le sue incredibili contraddizioni, negli Stati Uniti usciva uno dei singoli-evento più fortunati di sempre. Nel Natale '84 il supergruppo “Band Aid”, composto da stelle milionarie dal cuore d’oro come l’immancabile Bob Geldof, Sting e Bono, aveva spopolato con la hit “Do They Know It’s Christmas?”, brano benefico il cui ingente ricavato fu devoluto interamente a favore della popolazione dell’Etiopia, afflitta da una terribile carestia, e perciò in America ritennero che anche le popstar di casa dovessero darsi una mossa. A mettere tutti sull’avviso ci pensò Harry Belafonte, musicista e attivista statunitense, che non ci mise molto a contattare Quincy Jones, il produttore del mitico album “Thriller”, il quale, a sua volta, fece passare ancora meno tempo prima di assoldare una formazione da leggenda: Michael Jackson, Stevie Wonder, Ray Charles, Bruce Springsteen, Lionel Richie, Billie Joel, Paul Simon, Dionne Warwick e Bob Dylan, solo per citarne alcuni. Era nato così “Usa for Africa”, il gruppo all-star che il 28 gennaio di quell’anno, esattamente tre decadi fa, registrò “We Are the World”.

A comporre il pezzo furono Jackson e Richie, che dovettero anche vedersela con l’impazienza di Jones, vera anima del disco-progetto: «Miei cari fratelli, tra meno di tre settimane arriveranno qui quarantasei star e ci serve una maledetta canzone», avrebbe esclamato ai due cantanti, ancora in fase di stallo creativo. Nonostante i loro sforzi sforzi, però, il “vecchio” Quincy fu accontentato solo il giorno precedente l’appuntamento per la sessione d’esordio d’incisione, quando, finalmente, “We Are the World”, canzoncina dall’accattivante ritornello gospel partorito dal genio del “re del pop” nello studio della sua casa di Hayvenhurst, fu pronta.

Ammonita da un “minaccioso” cartello scritto da Jones - «Siete pregati di lasciare il vostro ego fuori dalla porta» - la parata di stelle musicali da lui stesso ingaggiata si ritrovò così il 21 gennaio al “Kenny Rogers’Lion Share Recording Studio” di Los Angeles e la settimana seguente, nella notte degli “American Music Award”, il singolo era già bello che registrato.

A dispetto delle critiche e delle facili ironie sul latente buonismo dell’operazione, rispedite ai mittenti dall’aggueritissimo Jones, - «Chiunque voglia scagliare la prima pietra contro Usa for Africa, può muovere il culo e cominciare a dare una mano. Dio solo sa quanto c’è ancora da fare» - “We Are the World” ebbe un successo strepitoso facendo a pieno il suo dovere: pubblicato il 7 marzo, riuscì a e vincere tre “Grammy Award” e, soprattutto, a vendere 20 milioni di copie, raccogliendo, come progetto globale, circa 50 milioni di dollari. La missione poteva dirsi davvero compiuta.