Face&Book, Marco Damilano: «Il Pd, un partito omeopatico»

Face&Book, Marco Damilano: «Il Pd, un partito omeopatico»
di Carmine Castoro
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Venerdì 18 Aprile 2014, 20:54 - Ultimo aggiornamento: 23:36
Come pu essere definito oggi il Partito Democratico? Un partito “giurassico” di cui parlano i libri ingialliti della storia, quelli che raccolgono speranze frustrate e bandiere lacerate? Un partito “omeopatico” diluito nelle logiche della comunicazione e delle guerriglie politico-mediatiche, penetrato dal “male” del berlusconismo e pronto ad accettare solo un ruolo triste di comparsa nella delicata gestione delle contraddizioni sociali ed economiche, nazionali e internazionali? O un partito “ponte”, che ancora può intraprendere un cammino di solidarietà e di puntello, di trasformazione della cosa pubblica e di riflessione critica su tutti i problemi e le ferite che altri fronti istituzionali, per connivenze e compromessi, scelgono sistematicamente di omettere?



LA VIDEOINTERVISTA A MARCO DAMILANO:







A queste e altre provocazioni, che definire solo linguistiche sarebbe davvero limitativo, risponde nella video-intervista Marco Damilano, noto polemista e inviato di politica interna per il settimanale “L’Espresso”, che ha concluso il festival “Libri al Centro”, interessante kermesse di narratori e saggisti svoltasi a Roma, a Cinecittà2, e diretta da Roberto Ippolito. “Chi ha sbagliato più forte”, la sua ultima fatica letteraria, è un po’ una disanima sulla storia recente del PD, sui tanti perché, i tanti misteri, le tante – spesso ingloriose, occorre dirlo – vicissitudini che hanno condotto il centro-sinistra a essere incisivo sulla scena politica italiana solo a tratti e con mille fiumiciattoli e mille sincopi, fra tradimenti e radici spezzate, argini bassi alla Grande Ondata di Berlusconi e della Destra, premierati come quelli di Letta e, l’attuale, di Renzi che ancora meritano una giusta collocazione nella nostra memoria, il primo, e una diagnosi di sana e robusta costituzione, il secondo.



Una catena di ambizioni personali, rivalità tra capi, logiche di conservazione degli apparati ha spezzato nel tempo la speranza di un partito nuovo e ha condotto a sconfitte disastrose. Una debolezza culturale, istituzionale, perfino etica, che si è conclusa con una catastrofe. Questa è la prima storia del centrosinistra della Seconda Repubblica, in presa diretta. Un diario personale e politico, dunque, quello di Damilano. Con le voci di quattro protagonisti, Romano Prodi, Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Arturo Parisi, e di un testimone d’eccezione, Nanni Moretti. Le vittorie, le cadute, i duelli. I leader e i personaggi minori, le loro debolezze e i voltafaccia, le rivelazioni di un traditore. Ma anche il racconto del popolo dell’Ulivo, che si muove come un fiume carsico e irrompe a sorpresa.



E la voglia, di eco tutta “morettiana”, di sentir dire ancora “qualcosa di sinistra” a leader “rossi”, come venivano chiamati un tempo, le cui passioni, il cui vocabolario ideologico, il cui approccio ai disastri socio-economici del Paese sembrano davvero annacquati e resi moderati, e spesso inconcludenti, sino ad una sparizione pressoché totale. Sparizione “rumorosa” per colpa del presenzialismo nei tg e nei talk di prime time, ma sempre meno esplosiva nei cuori dei militanti di un tempo e di chi ancora vuole combattere per ideali collettivi oggi.



Marco Damilano “Chi ha sbagliato più forte” (Laterza, pagg. 276, euro 15)
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