Il nuovo singolo di Bracco di Graci "L'uomo che vedi" sarà disponibile dal 17 febbraio su tutte le piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica. Si tratta di un brano che racconta la storia di un uomo che ha preso coscienza, che cerca la radice delle cose e non si sofferma all’apparenza. Quest'uomo guarda in faccia la realtà senza ipocrisie, la sua fede è un punto fermo, non influenzabile, ed è alla continua ricerca della verità, vorrebbe un mondo migliore. lo cerca, ci spera, non vuole arrendersi all’idea «che siamo solo ciccia da contare e che la vita non cambi più» come cantava Lucio Dalla in una canzone del 1983.
«L'uomo che vedi è un uomo uscito dal disincanto che ha capito che nella vita spesso nulla accade per caso». Commenta l’artista a proposito del nuovo singolo e del suo significato.
Buongiorno Bracco, è un piacere ritrovarti dopo tanti anni. Cosa ti ha spinto a tornare alla musica dopo tanto tempo?
Buongiorno a voi e vi ringrazio anticipatamente per lo spazio che mi state concedendo sulla vostra testata. Il piacere è reciproco.
In realtà un cantautore non abbandona mai in modo definitivo la musica anche se a volte, gli eventi, ti portano ad allontanarti da essa.
Sicuramente ciò che mi ha spinto è il bisogno di esternare cose che avevo dentro forse da troppo tempo e che dovevano uscire, poi, in questo momento storico di possibili e grandi cambiamenti epocali dove tutto è precario, avverti anche quella sensazione sgradevole che domani potrebbe essere troppo tardi, quindi perché no meglio darsi da fare oggi.
“L’Uomo che vedi” è il tuo nuovo singolo, ce lo racconti?
L’Uomo che vedi parla della fatica giornaliera alla quale sono sottoposte le persone che lavorano e che vivono di misura, costrette a scontrarsi con problematiche che sembrano create ad arte per rendere volontariamente la vita sempre più complicata.
Da qui nasce l’idea che sembra quasi che qualcuno non ci voglia più, l’incognita sembra creata ad arte per non farci mai capire in che punto siamo realmente, una sorta di labirinto dal quale si ha la sensazione della non via d’uscita, il linguaggio ingannevole e forviante fa credere spesso il contrario di ciò che poi realmente verrà fatto. Il protagonista non perde però la speranza e continua a camminare tra la nebbia sperando che dall’altra parte, quando finirà, troverà il sole.
Alcune scene del tuo videoclip sono state girate al mare, come mai questa scelta?
Il mare è una terapia per me, libera la mente, il mare è un amico che ti consola, quando è agitato può anche diventare il tuo più grande nemico, gli si possono confidare le tue debolezze, i tuoi dubbi, le tue perplessità, gli si può affidare un messaggio che può raggiungere qualsiasi parte del mondo, saranno poi le correnti a decidere dove e a chi. Il contatto con la natura e con l’acqua ti danno un senso di calma, rappresentano una riconnessione con te stesso, il mare come noi subisce sbalzi d’umore è imprevedibile. La mia passeggiata sulla spiaggia cantando “L’uomo che vedi” ha questo senso, è come se la mia persona fosse dentro una bottiglia che cerca di fare arrivare un messaggio in tutto il mondo.
I social, a mio avviso, se usati in modo appropriato e non solo per appagare quell’egoismo personale, quella volontà di apparire a tutti i costi anche quando non sarebbe necessario, sono come una sorta di mare senza acqua e che hanno la capacità, come il mare, di interconnettere, peccato però spesso non vengono recepiti come occasione di scambio e di possibile crescita interiore.
Ci racconti un aneddoto sul suo rapporto con Lucio Dalla
Un aneddoto simpatico che posso raccontarvi è che Lucio si fidava molto della mia guida, si sentiva sicuro perché avevo il piede fermo e una guida rilassata in più avevo molta resistenza, ero capace di guidare per 1500 km senza dover pernottare in albergo per rifocillarsi, quindi, durante i viaggi, lui diceva la sua frase ricorrente che era “Bracco non mi uccidere”, abbassava il sedile e si metteva a dormire; ogni tanto apriva un occhio e mi chiedeva “dove siamo?” poi tra uno sbadiglio e un altro continuava il suo sonno. Quando non dormiva scriveva e ricordo che un suo capolavoro, nello specifico intendo la canzone “Felicità”, la scrisse di fianco a me mentre lo accompagnavo in un viaggio verso San Giovanni Rotondo.
Qualche anticipazione sui prossimi passi del tuo progetto?
I progetti futuri sono legati dall’uscita di un singolo per volta e dal gradimento del pubblico, sarà un lavoro lungo ma pieno di soddisfazioni e dico questo perché credo che il compito dell’arte non sia cercare il successo, ma cercare e soprattutto farsi cercare dall’arte. Sono già molto soddisfatto di essere riuscito a farmi tornare la voglia di scrivere le canzoni che hanno bussato alla porta della mia anima e qualcuna del mio stomaco, canzoni che mi hanno cercato, che mi hanno convinto, appassionato, mi hanno detto prepotentemente “abbiamo ancora qualcosa da dire”.