Il tira e molla va avanti ininterrottamente da settant'anni. Stavolta la questione però finirà direttamente sul tavolo del ministro della Cultura, Giuli che sarà chiamato a dirimere un contenzioso spinosissimo tra i Gesuiti e un parroco romano assai tenace. In pratica, da una parte, c'è la Compagnia di Gesù che si oppone a far ritornare nella sua sede originaria un grande dipinto settecentesco, da sempre appartenuto (e tuttora di proprietà) della basilica di San Vitale, a Roma. Dall'altra c'è il parroco che come tutti i parroci suoi predecessori che dagli anni sessanta a oggi si sono succeduti a San Vitale, non ha alcuna intenzione di mollare la presa. Quel dipinto, spiega don Elio Lops, è sempre stato a San Vitale, fino a che durante negli anni Trenta fu dato in custodia alla parrocchia di San Saba, retta dai gesuiti, e da allora la Compagnia non vuole sentire ragioni a restiturlo.
L'ultimo atto per il ritorno della grande tela che raffigura Sant'Ignazio in estasi a Manresa, è arrivato in questi giorni con il parere negativo della Soprintendenza alle Belle Arti.
Per farla breve la tela resta deve stare dove è ma siccome il parroco Lops non ha alcuna intenzione di rassegnarsi, ha annunciato che farà un ulteriore ricorso ma stavolta al Ministro Giuli. «Mi appellerò a lui perchè è una questione di giustizia, quella tela non appartiene alla Compagnia di Gesù ma a San Vitale e alla Diocesi di Roma. Sono settant'anni che tutti i miei predecessori ne chiedono la restituzione. Tra l'altro non è detto che la tela sia settecentesca, come argomenta la dottoressa Porro, poiché secondo eminenti esperti a suo tempo consultati sembra che sotto l'attuale dipinto ve ne sia un'altro, più vecchio, probabilmente opera di Giovan Battista Flammeri, un gesuita pittore» ha affermato il parroco, facendo riferimento anche al parere del professor Claudio Strinati, già Sovrintendente. Il quale, nel 1992, a capo della Sovrintendenza diede parere favorevole al rientro della tela a San Vitale.
Nel 2023 i Gesuiti ebbero una interlocuzione formale con don Lops in cui spiegavano che «al di là delle vicende storiche difficili a chiarirsi e che videro spostare il quadro a San Saba, è certo che la collocazione in questo luogo fu una scelta di carattere pertinenziale. Si riconosceva alla Chiesa di san Saba quella identità gesuititica che rendeva possibile, pertinente appunto, la sistemazione più opportuna dentro un contesto affatto avulso dal tema del quadro».
San Vitale, oltre a essere una delle più antiche basiliche paleocristiane, nel XVI secolo è stata la sede del primo Vicariato dei Gesuiti a Roma, istituito da Ignazio di Loyola che nel 1554 iniziò a usarla come sede per le attività religiose e educative. Questo complesso nel frattempo divenne un importante centro per l'attività educativa e spirituale dell'Ordine. I padri gesuiti stessi hanno realizzato il ciclo pittorico e tutto l’impianto degli affreschi della basilica, concepiti come una Cattedra Teologica per la formazione dei gesuiti. È evidente poi l’impronta gesuita anche dal portale in legno intagliato realizzato per il Giubileo del 1600, che raffigura non solo la vita dei santi Vitale, Valeria, Gervasio e Protasio, ma anche quella di Sant’Ignazio e San Francesco Saverio. Secondo tutti i parroci che si sono succediti a San Vitale «la ricollocazione di quella tela nella basilica esalterebbe questa straordinaria funzione educativa e spirituale, rendendo onore alla sua storia».