Google Big Tent, Internet e imprese ai tempi del Datagate: l'Italia tra privacy e rilancio della cultura

Vint Cerf e Riccardo Luna a Big Tent
di Fabrizio Angeli
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Giovedì 4 Luglio 2013, 17:48 - Ultimo aggiornamento: 6 Luglio, 19:19
ROMA - Un mega-manager di Internet che proclama Cerco 4 milioni di persone da convertire, il prelato in sala che alza la mano per dire Abbiamo un interesse in comune e poi ribatte: Le soluzioni dei problemi della rete si trovano nei documenti del concilio di Trento.



Quello tra il Chief Evangelist (evangelista capo, altro che guru) di Google Vint Cerf e il direttore di Civiltà Cattolica don Antonio Spadaro è stato solo uno dei momenti memorabili della prima Big Tent di Google della storia a Roma: tutti sotto una tenda coloratissima a discutere in maniera informale del ruolo del digitale per la cultura e per l'industria dei contenuti, dal giornalismo alla musica ai libri. Fino allo spinoso problema della privacy nei giorni del Datagate (anche se negli Usa non lo chiamano così).



Privacy 2.0. Organizzato dall'azienda leader nei motori di ricerca mondiali in collaborazione con Fimi, Fapav e MindTheBridge all'Aranciera di San Sisto delle terme di Caracalla, l'incontro è stato aperto dall'intervento del ministro della Cultura e del turismo Massimo Bray, che dopo ricordato in pieno web-style come «Francesco, un papa social, ha detto: “Siate uomini di frontiera e non cercate di addomesticare le frontiere”», ha dichiarato l'intenzione di aprire un tavolo con Google sul trattamento dei dati. «Credo che la trasparenza sia d'obbligo - ha detto commentando la decisione del Garante della privacy di diffidare Google in merito al trattamento dei dati che acquisisce dagli utenti - e che Google sia un grande protagonista della nostra contemporaneità e quindi occorre aprire un tavolo con l'azienda, come è stato fatto in altri Paesi europei».



La prateria del web. Sempre per rimanere in temi caldi, era inevitabile parlare anche di talpe tecnologiche, spionaggio e caso Datagate. Forse è il caso di fare «un passo indietro» e regolamentare Internet, ma «non nella tecnologia», bensì nei «principi». Parola di Jeff Jarvis, giornalista Usa e fra i blogger più conosciuti non solo Oltreoceano grazie a Buzzmachine.com: il classico web-addicted, che però sotto la tenda di Google prende appunti a mano su un vecchio bloc notes. «C'ero anche io a New York l'11 settembre - ha raccontato all'Ansa -, ho visto il secondo aereo schiantarsi sulla Torre, io credo nella sicurezza, credo che abbiamo bisogno di sicurezza. Credo che l'11 settembre sia stato in parte anche un fallimento dell'intelligence. Ma questo non dà licenza al governo di ascoltare le nostre conversazioni». Per il guru dell'open web il governo può trasformarsi in uno dei peggiori pericoli per la privacy, «perché raccoglie informazioni come nessun altro può fare e può usare le informazioni contro di noi, in modi in cui altri non possono». Nella vicenda NSA, ha sottolineato, «il governo raccoglie informazioni non dai server di Google, ma li prende dal pieno flusso di Internet, che è ancora più spaventoso. Quando io condivido con Google i dati sulla mia posizione geografica, lo faccio per trovare una pizzeria o altro. È una transazione e io sono d'accordo nel farla. Ma quando interviene il governo e segretamente carpisce quell'informazione, è diabolico e sbagliato».



Sul fronte di Google per rassicurare gli utenti è intervenuto uno dei numeri uno. Non solo di Big G, ma di internet stesso. Proprio Vinton Cerf, oggi vice presidente di Google, ha inventato (insieme a Bob Kahn) il protocollo Tcp/Ip, quello che regola le trasmissioni di dati e che
fa internet. Di Google, ha detto parlando alla platea italiana dell'Aranciera, «vi potete fidare». Del resto, ha aggiunto, «se fosse vero che violiamo la privacy dei nostri utenti saremmo degli stupidi», perché in quel caso «ci troveremmo in una situazione economica non buona» in quanto «nessuno ci affiderebbe più i suoi dati». «Non vi è un accordo fra Google - precisa -, la NSA o altre agenzie anche di intelligence per accedere ai nostri contenuti. Noi passiamo in rassegna solo quelle richieste che riceviamo tramite vie legali. Ce ne arrivano da tutto il mondo».



La rinascita della musica. Uno dei mondi più travolti dall'esplosione della pirateria del web, la musica sta muovendo i suoi primi importanti passi verso nuovi modelli più Internet-compatibili. Andrea Rosi, presidente e ad di Sony Italia, ha rivelato che
«in 10 anni nella musica persi 50% dei posti di lavoro, ma ora stiamo assumendo nuove figure legate al digitale», spiegando che «Dopo anni di lotta alla pirateria oggi Sony ammette che l'unica soluzione è portare musica al cliente sul device che preferisce e a prezzo equo». Così in una realtà dove il primo cliente dell'industria musicale italiana è Apple e il secondo è YouTube (dove è tutto gratis e i ricavi vengono dalla pubblicità), ci sta anche il cantante romano Daniele Silvestri che in questa Big Tent presenta la sua #stizziscitici la “non canzone” scioglilingua che verrà aggiornata (rigorosamente online) ogni mese.



Big Tent sui social. Come ogni grande evento 2013, #BigTentRoma procede in parallelo anche su Twitter, nutrito dai “lanci” dei presenti e dalle ribattute degli utenti sparsi in tutto il mondo. E se le battute di Vint Cerf vanno per la maggiore (“Internet ha molti padri, ma chi è la madre?» e nel pomeriggio l'ultima moda virale è provarsi i Google Glass portati in anteprima da Jarvis, c'è anche chi ne approfitta per lanciare frecciatine al sistema Italia: “Purtroppo lo streaming di #BigTentRoma va a scatti, metafora della carenza di infrastrutture” e infine, giocando sul nome di questa Big Tent: “Forse la tenda non c'è perché a Roma ci sarebbero voluti troppi permessi...”.
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