Milano, Keith Haring: retrospettiva con 110 opere inedite dell'artista

Milano, Keith Haring: retrospettiva con 110 opere inedite dell'artista
di Verdiana Garau
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Giovedì 2 Febbraio 2017, 21:38 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 18:53
Gli omini calvi di Keith Haring sbarcano a Milano. Presto una retrospettiva sull'artista, il cui modo di disegnare iconico ha influito in maniera importante il mondo dell'arte contemporanea e dell'attivismo artistico, sarà allestita a Palazzo Reale.

Stati Uniti. Erano i primi anni ottanta, tempi di promesse e prosperità, il grande momento per il favoloso American Dream. Ronald Reagan, l'attore hollywoodiano che aveva recitato a fianco di Bette Davis e di Humphrey Bogart, "The Bad Man", ( come ci ricorda il titolo di un film western in cui lui interpreta il ruolo di un eroico cow-boy) fu eletto presidente nel 1981 e gli anni a seguire furono quelli della "Reagan Revolution" con il grande sogno di fare degli Stati Uniti un paese "great again". Ma c'è povertà per le strade e grande disagio sociale.

A parlare sono anche i graffiti che imbrattano i muri della città di New York, nelle zone più basse di Manhattan, illustrazioni gigantesche e colorate che descrivono le condizioni malsane che si vivono nei quartieri più poveri e dimenticati. Muri che parlano. Problemi sociali, violenza, la diffusione dell'HIV, droghe pesanti, omofobia, guerra, l'avvento dell'era nucleare. In questo familiare contesto un ragazzino di vent'anni si affaccia sulle strade della Lower East Side di Manhattan e comincia a disegnare con un gessetto omini calvi che ballano, fornicano, saltano, corrono, si intrecciano. Omini tutti uguali tra loro, frutto di un unico tratto di gesso continuo, riprodotti in contesti di morte, nascita, vita, guerra. Con un gessetto traccia i disegni nella subways di New York in uno o due minuti e poi via, va avanti, veloce, velocissimo.

Quel ragazzo si chiama Keith Haring, nato il 4 maggio 1958 in Pennsylvania, morto il 16 Febbraio 1990. "That comes fast because is a fast world" (arrivano veloci (i miei disegni), perché il mondo è veloce) diceva Haring. Influenzato da Disney e da suo padre che disegnava cartoni animati, Haring dopo aver studiato alla Ivy School of Professional Art di Pittsburgh e alla School of Visual Arts di New York, ma rifiutando certi dogmatismi dettati dal mondo accademico, decide di proseguire per la sua strada. Il suo interesse per il mondo della semiotica lo porta a creare immagini che possano funzionare come un vero linguaggio in codice. Keith Haring utilizza le sue immagini come parole in una frase. La sua simbologia diventa un vero vocabolario: U.F.O. volanti, piramidi, schermi di computer, omini stereotipati calvi e tutti identici, i "radio-active" babes, uomini radioattivi. Haring riesce ad ideare e produrre un vocabolario personale di archetipi che si slegano dal tempo, riesce a creare simboli che andranno a confluire in un solo linguaggio al di sopra di ogni singola cultura, tradizione, oltre la storia. Crea qualcosa che diventerà immagine riproducibile e leggibile, da tutti.

Ancora oggi si discute sul fatto che sia stato un fenomeno di processo culturale oppure il caso isolato del singolo genio. Il rapporto che comunque le persone comuni ebbero con quel linguaggio fu stupefacente. Keith Haring immaginava ed esprimeva quello che le persone sentivano e cercava in qualche modo di guidarli attraverso i "problemi sociali" comuni ad intere generazioni, alla società, sulla traccia dei suoi disegni. Ne produceva una ventina al giorno e li metteva in modo che tutti potessero vederli, per le strade, le metropolitane, luoghi di passaggio, luoghi quotidiani. Ma doveva stare attento perché tecnicamente ciò che faceva era illegale, i graffiti erano considerati atti di vandalismo. Haring fu infatti arrestato più volte. Haring impiegò poco tempo a farsi riconoscere. Inizialmente fu solo divertimento, ma il suo modo di disegnare sarebbe diventato presto iconico e avrebbe influito in maniera importante nel mondo dell'arte contemporanea e dell'attivismo artistico. Le sue immagini cominciano ad apparire ovunque, l'arte esce e scappa per la prima volta dalle gallerie e si comincia a respirare per le strade. A New York, quello che era considerato vandalismo comincia a farsi notare come vera arte, poi il suo one man show in una galleria di Soho e presto un disegno di Haring vale già 15.000$. Keith Haring appena 24enne, nonostante le cifre che promettevano il capogiro, non perde un attimo per rifugiarsi nelle gallerie della metro per dare sfogo alla sua arte e i suoi messaggi. Art for the People, al prezzo che costa prendere la metro. Nel 1986 fu con la pubblicità per Absolute Vodka che Keith Haring si rese noto al grandissimo pubblico a livello internazionale e l'artista a partire da questo momento cercherà di sfruttare l'ondata di successo per meglio diffondere messaggi attraverso campagne progresso, come quella contro l'HIV, della quale Haring fu un grandissimo fautore, ma oggetto che fu anche causa del suo precoce decesso.

Nel 1987 infatti gli fu diagnosticata l'AIDS di cui morirà di lì a poco. Haring affronterà la malattia come aveva affrontato qualsiasi altra cosa fino ad allora, come la sua arte. Vivendo il momento, l'adesso, l'attimo, non importava dove e come e quando sarebbe finito: come le sue tracce di gesso, flusso continuo, spontaneo, liberatorio. Il "growing social significant" la crescente rilevanza sociale, che i suoi disegni ebbero nel mondo intero fece sembrare quasi che negli anni ottanta gli artisti volessero far accadere di nuovo quello che già era successo negli anni sessanta con le correnti socio-rivoluzionarie. Diceva Haring: "Le più grandi preoccupazioni o pensieri riguardanti la politica arrivano dalle esperienze personali di vita. " Era l'invasione dei computer, la fine della guerra fredda, del benessere a tutti i costi, degli sperperi, la tecnologia era già minaccia che avrebbe divorato le abitudini comuni, correvano gli anni 1984, 1986, e Haring disegnava schermi di computer con i cervelli al loro interno. La fobia di una grossa macchina a controllo del mondo intero, disegnava la paura che i computers potessero divorare i nostri cervelli. Quello di Haring era un monito, da prendere in modo negativo come in modo positivo, pur sempre un messaggio di allerta.

Furono altri artisti più veterani come Christo e Andy Warhol, il padre degli artisti degli anni ottanta, che fecero di Basquiat come di Haring delle icone e li incoraggiarono a cercare di rendere l'arte più accessibile a tutti, spingendoli ad utilizzare un linguaggio comune che facesse parte dell'immaginario di una collettività over-consumista e che allo stesso tempo baipassasse l'establishment del mondo dell'arte che usciva adesso dalle gallerie, dove la stessa arte si era cristallizzata nei decenni precedenti. Cominciando a parlare alle masse Haring diviene cosí una SuperStar. E siccome il facile deterioramento delle opere di Haring sui muri delle città, o come i fragili e cancellabili disegni al gessetto, era molto temuto dagli appassionati collezionisti, questi si adoperarono fin da subito per cercare un modo che potesse conservare i dipinti intatti anche per secoli, data l'importanza del messaggio su cui tutti ormai concordavano.

Il preservare e trovare il modo di far sopravvivere per sempre le opere di Keith Haring diventò quasi una missione sociale e vennero coinvolti moltissimi esperti e altrettanti artisti. E grazie a questa missione e grazie all'averci creduto che oggi ci verrà presto ripresentata a Milano in una attesissima retrospettiva al Palazzo Reale di Milano una esibizione che porterà in scena 110 opere di Keith Haring, molte inedite e in anteprima in Italia, in apertura il 21 Febbraio 2017 e che resterà visibile fino al 18 giugno 2017. Keith Haring. About Art
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