Le copertine storiche di "Civiltà delle macchine" in mostra all'Auditorium di via Veneto

Le copertine storiche di "Civiltà delle macchine" in mostra all'Auditorium di via Veneto
di Renato Minore
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Venerdì 11 Novembre 2016, 19:26 - Ultimo aggiornamento: 14 Novembre, 20:17
In maniche di camicia Carlo Emilio Gadda con l'occhio di chi se ne intende osserva le tubature che delineano sullo sfondo strani geometrici disegni. Accanto a lui, Giuseppe Ungaretti sembra in religioso ascolto di un tecnico, l'ingegner Madrigali, che guida la visita. Siamo nella centrale termoelettrica di Cornegliano, a metà degli Anni Cinquanta. Come meglio non potrebbe, la foto rappresenta l'esperimento in atto. Mettere a contatto alcuni tra i nostri massimi scrittori e poeti con la realtà della scienza, dell'industria, della tecnologia. Registrare reazioni, entusiasmi, paure. Verificare quanto un approccio "creativo", da letterati, serva davvero come strumento di conoscenza per fenomeni che di letterario non hanno nulla. Aggiornare e registrare questi strumenti grazie ad un'esperienza privilegiata e in fondo unica concessa a intellettuali, divisi dal mondo della scienza e della produttività da antichi pregiudizi e schiavitù ideologiche mai vinte. L'ispiratore dell'esperimento, è una straordinaria figura di poeta-ingegnere nato a Montemurro (Potenza) nel 1908 e morto a Roma nel 1981, Leonardo Sinisgalli. Come laboratorio da lui ideato funziona una rivista bimensile , "Civiltà delle macchine". Ha "mezzi misurati", (oltre al direttore ci sono un redattore, due segretarie e un fattorino), ma ambiziosi propositi realizzati in un rigoroso e fantasioso progetto che si può ricostruire attraverso la mostra “Raccolta completa delle copertine di Civiltà delle Macchine”” con molte delle opere originali realizzate per la rivista esposte presso l’Auditorium di Via Veneto a Roma. Esso prevede la creazione di un territorio di frontiera o di confine tra le due culture,un autentico ponte tra scrittori e scienziati,poeti e tecnici. Non soltanto promuovendo le visite "guidate" che entusiasmano il maturo Ungaretti e il giovanissimo Prisco (“Sarò sciocco,ma m'incantavo come un bambino»,scrive il narratore napoletano di fronte allo spettacolo di una catena di montaggio di scatole di pomodoro), ma stimolando soprattutto un dibattito di idee capace di amalgamare visioni del mondo diverse e spesso contrapposte. Come,ad esempio,quella venata di ideologica moralità espressa da Franco Fortini il quale non a caso parla, della «difficile vecchiaia» di chi è espulso dal mondo della produttività. O l'altra di Domenico Cantatore, visionaria e contagiosamente euforica:la colata nelle Officine S.Eustacchio di Brescia appare al pittore “una lingua incandescente in mezzo ad un corteggio di scintille mentre gli operai si danno un gran da fare con l'ansiosa attenzione dei preparativi di una processione". All’Auditorium di Via Veneto si è inaugurata anche la mostra Deus Ex Machina (nata dalla collaborazione tra la Fondazione Sinisgalli, la Fintecna S.p.A.
e il gruppo GMGProgettoCultura) con le carte assorbenti colorate , l’elaborazione delle stesse copertine ideata dallo stesso poeta inegnere. La creatività dell’arte, la poesia del segno, l’eleganza e la libertà della morfologia della macchia, dello scarabocchio, si mostrano nei fogli per schizzi, nella carta assorbente e nascono dalla passione sconfinata di Sinisgalli che credeva in una “stretta consanguineità” e una “parentela spirituale” tra l’arte e la scienza, legate tra loro anche da un’affinità di matrice estetica. Così rileggere le pagine di "Civiltà delle macchine" significa ripercorrere le tappe di un matrimonio consumato sulla spinta di un’irrefrenabile passione e da questa,inevitabilmente,divorato. La passione non fu soltanto di Sinisgalli, incarnazione vivente e a suo modo armonica, della coesistenza tra le"due culture",il quale, prima di "Civiltà delle macchine",aveva ideato la rivista "Pirelli",sempre allo scopo di “stimolare una prosa analitica,piuttosto che il solito pezzo commemorativo,un referto e non un inno,un commento e non una predica”.La passione era tutta di un'epoca che sognava il dialogo tra due caste diverse,letterati e gli uomini di scienza e produceva ovunque ipotesi di confronto e di collaborazione. A sfogliare le annate di "Civiltà delle macchine" si fanno incredibili scoperte: i cantieri dell'Ansaldo descritti da un poeta, Caproni, e illustrati da Vespignani; il manichino della " Giulietta" affidato alla penna di Arpino; un inventario artistico di primissima mano e grande sperimentazione linguistica che conta su nomi come Consagra, Perilli,Fontana, Tadini; le aperture sulla cibernetica di Portoghesi, Ceccato,Vaccarino;perfino le macchine terribili (come sguardo sul negativo) ideate da Kafka. Cosa teneva insieme siffatti itinerari concettuali ed espressivi dentro una cornice grafica di estrema comunicazione ,con stilemi pubblicitari sempre eccezionalmente innovativi? Forse il collante fu la stessa idea di “una fusione culturale della, vita moderna” espressa da Buzzati e oscillante tra l'utopia espressa da Moravia(“il dominio sulla macchina senza inconvenienti e senza pericoli”),l'ottimismo di Gadda (“La parola progresso,che altrove è mito e bugia,non è mito e neppure bugia, nel vasto cantiere della verità meccanica dove sono ad opera le macchine”), i dubbi espressi dal pur entusiasta Ungaretti sulla possibile disumanizzazione prodotta dalla società tecnologica e sulla necessità di dominare la macchina,di “renderla moralmente arma di progresso”. Problemi, discussioni, quesiti anche cruciali che poi diverranno centrali e attualissimi negli anni che seguiranno.
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