Humandroid: killer o angioletto? La nuova provocazione di Neill Blomkamp

Humandroid: killer o angioletto? La nuova provocazione di Neill Blomkamp
di Fabio Ferzetti
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Venerdì 10 Aprile 2015, 16:45 - Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 10:15
E’ ingenuo come un bambino, potente come RoboCop, manipolabile come Pinocchio, sperduto come il piccolo androide di A.I. Ma anche progettato per fare il poliziotto e al tempo stesso dotato di ragione e sentimenti, cosa che gli inibisce qualsiasi tipo di violenza. A meno che non cada in cattive mani e venga “educato” da una coppia di gangster...



Da quando l’intelligenza artificiale è uscita dalla fantascienza per diventare un obiettivo raggiungibile in tempi sinistramente vicini, è partita la gara a indovinare l’aspetto del primo essere biomeccanico capace di autocoscienza e emozioni. È un sogno antico: dal mostro di Frankenstein al burattino di Collodi fino ai replicanti di Philip K. Dick, letteratura e cinema hanno fantasticato a lungo sui nostri possibili doppioni, insistendo sulla possibilità di generare “figli” senza passare per una madre.



Il terzo film del sudafricano Neil Blomkamp, l’autore di Elysium e del geniale District 9, prende una scorciatoia definitiva. Il nuovo Adamo non sarà un robottino o un supercomputer. Sarà, più semplicemente, un’arma: un invincibile androide di titanio, fatto per affrontare la malavita di Johannesburg in un prossimo futuro combattendo come una macchina da guerra. Un po’ come fanno oggi i droni, tanto da essere anche un bel business per l’industria bellica guidata dalla rediviva Sigourney Weaver.



Solo che il Geppetto di turno non ha i capelli bianchi ma le orecchie a sventola e la simpatia di Dev Patel (l’attore indiano di The Millionaire). Un giovane informatico che trafuga uno di questi robo-sbirri per impiantargli un chip capace di farlo apprendere, gioire, soffrire, forse perfino scrivere musica e poesie.



Il resto segue la passione per le metafore grezze ma dannatamente efficaci di Blomkamp, come il suo senso - diabolico - dello spettacolo. Perché in fondo Humandroid è anche metafora di se stesso. Un film su una macchina così potente da mettere in difficoltà i suoi stessi inventori, proprio perché deve “crescere”, dominato da un androide che incrociando il talento di Sharlto Copley con le prodezze della motion capture tende a sua volta a “mangiarsi” il film e a porre una serie di domande tanto etiche che cinematografiche.



Fino a dove è lecito spingerci nell’uso di macchine intelligenti, per la nostra sicurezza e per il nostro divertimento in platea? A quali rischi andiamo incontro? E che succede se questo robot dal cuore di bambino chiama «mami e papi» una coppia di truci gangsta rapper (il duo Die Antwoord)? Il crudo e inatteso crescendo di violenza finale (scuola Verhoeven) ci ricorda che malgrado il tono del film c’è poco da scherzare. E che per fortuna, lontano da Hollywood, c’è chi usa la potenza di fuoco del digitale per scuotere e non per intontire.



HUMANDROID

fantastico - azione, Usa-Messico-Sudafrica, 120’



di Neill Blomkamp, con Sharlto Copley, Dev Patel, Ninja, Yolandi Visser, Hugh Jackman, Sigourney Weaver, Brandon Auret, Josè Pablo Cantillo
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