Guadagnino: «Sì, mi aspetto l'Oscar, ma per James Ivory»

Luca Guadagnino
di Gloria Satta
3 Minuti di Lettura
Domenica 4 Marzo 2018, 15:05
LOS ANGELES
Eleganza di tendenza (completo carta da zucchero e scarpe borchiate), sorriso disteso, nella serata conclusiva del festival Los Angeles, Italia orchestrato a Hollywood da Pascal Vicedomini, Luca Guadagnino applaude Danny De Vito che nel Chinese Theatre gremito riceve le insegne di Grande Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Console Antonio Verde. Accompagnato dal suo produttore Marco Morabito e circondato da premi Oscar (Alexandre Desplat, Melissa Leo), il regista 46enne è al termine della maratona hollywoodiana che stasera lo proietterà al Dolby Theatre da protagonista.
Il suo Chiamami col tuo nome è candidato a quattro Oscar: miglior film, attore protagonista (Timothée Chalamet), sceneggiatura non originale firmata da James Ivory, canzone (Mistery of Love di Sufjan Stevens). Un sogno, per Guadagnino, che a Los Angeles viene conteso da un evento all'altro e ieri pomeriggio, sulla spiaggia di Santa Monica, ha vinto comunque due Spirit Awards, i premi del cinema indipendente, grazie al suo attore protagonista, Timothee Chalamet e a Sayombhu Mukdeeprom, che ne ha curato la fotografia.

Come si sente alla vigilia dell'Oscar?
«Tranquillo, qui tutto è organizzato alla perfezione. Sono emozionato, è ovvio, ma vado alla cerimonia soprattutto per godermi lo show condotto da Jimmy Kimmel. Mi preoccupa semmai la prospettiva di rimanere per sei ore in ostaggio dello smoking e delle scarpe scomode».

Ma non è divorato dall'ansia?
«No, la serata dell'Oscar è il punto di approdo di un lungo percorso che ha ci portato le quattro nomination. È già un risultato straordinario».

Dica la verità, spera di vincere?
«No, ma mi aspetto la statuetta per Ivory che ha adattato il romanzo di André Aciman, al quale dobbiamo tutto. Dall'alto dei suoi 90 anni, James ha regalato al film una felice irresponsabilità».

Quale film sarà incoronato, secondo lei?
«Il mio preferito è Il Filo Nascosto, ma penso che vincerà La Forma dell'Acqua anche se non sottovaluterei Get Out - Scappa. Potrebbe sorprendere tutti».

Cosa le hanno insegnato gli ultimi mesi?
«Che ogni film è come il primo. Ho incontrato persone nuove e scoperto quanto sia inclusivo il cinema americano che ha accolto a braccia aperte la nostra alterità e candidato all'Oscar tante opere d'autore».

Non si è sentito stritolato dal sistema hollywoodiano?
«No, qui il cinema è una realtà industriale che muove grandi numeri e nello stesso tempo vine considerato un valore culturale capace di esportare l'identità nazionale nel mondo. In Italia la destra è convinta che con la cultura non si mangi, qui pensano il contrario».

Chiamami col tuo nome, costato 3 milioni e mezzo, ne ha incassati finora 35 ed è stato un successo anche in Italia: se lo aspettava e si sente riconciliato con il suo Paese che non ha sempre capito i suoi film?
«Non me lo aspettavo e sono felice. Ma non mi sono mai sentito incompreso in patria, anzi mi considero molto amato».

È riuscito a seguire la campagna elettorale?
«Sì, anche dall'America mi sono costantemente informato».

E cosa si aspetta dall'apertura delle urne?
«Non saprei. Ma sono certo che qualunque risultato sarà parziale, compromissorio, inefficace».

Cosa pensa di Bernardo Bertolucci che in una lunga intervista a Variety si è dichiarato suo fan?
«Sono commosso, Bernardo rappresenta il grande cinema. Per me ancora oggi l'Oscar si identifica con la notte insonne che passai da ragazzino davanti alla tv, in attesa che L'ultimo imperatore vincesse nove statuette».

Il commento sul suo film che le ha fatto più piacere?
«Le decine di lettere e mail che ho ricevuto dal mondo intero. Qualche spettatore mi ha detto che Chiamami col tuo nome gli ha dato il coraggio di compiere scelte decisive».

Quando uscirà il suo remake di Suspiria? E ha parlato con Dario Argento?
«Negli Stati Uniti il film sarà in sala in autunno, per ora non so altro. Con Dario ho parlato spesso trovandolo entusiasta, stancante, avvolgente».

Stasera sentirà una responsabilità nei confronti all'Italia?
«Non c'è bisogno di vincere dei premi. Fare il mio mestiere rappresenta una responsabilità, sempre».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA