dal nostro inviato
CANNES Fabio Ferzetti Lei si chiama Dafne, lui si chiama Josh. Lei sta nel braccio femminile, lui in quello maschile. Lei ha già i suoi guai con quel padre che non vuole vederla, anche perché rischia di tornare in galera a sua volta (Valerio Mastandrea, tra i pochi attori professionisti del film). Josh invece ha una ragazza, fuori, che non sa più se aspettarlo. In teoria Dafne e Josh non dovrebbero nemmeno vedersi. Invece riescono a scriversi, a comunicare, un giorno perfino a baciarsi (palma per il bacio “rubato” del decennio). Ma da quel giorno le loro vite, che sembravano finite ancor prima della maggiore età, perché siamo in un carcere minorile, riacquistano forma e colore...
Dopo le matte in fuga di La pazza gioia, ecco i due detenuti minorili del rigoroso e bellissimo Fiore, di Claudio Giovannesi, sempre alla Quinzaine. Magari non è un caso che due dei migliori film italiani di quest’anno, peraltro diversissimi, raccontino storie di detenzione e di evasione. Là con due attrici strepitose. Qua con due interpreti presi “dalla strada” che però fanno meraviglie e hanno entrambi storie difficili alle spalle. Ma non cerchiamo la metafora per forza. Il film di Giovannesi è appassionante anche preso alla lettera. Uno sguardo mai complice né giudicante su un mondo quasi sempre invisibile, che però è parte integrante del nostro. Reso con una aderenza, una partecipazione, un senso del dettaglio (gesti, luoghi, commerci, stratagemmi, rapporti di potere, affettività contorta ma fortissima dietro le sbarre, anche tra rivali, anche nello stesso braccio), assolutamente eccezionali. Una riuscita totale. Tanto più clamorosa in un cinema come il nostro, che non ha esattamente il coraggio tra le sue virtù principali.
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