Ma contro i falò di cassonetti serve una risposta delle istituzioni

di Paolo Graldi
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Venerdì 28 Dicembre 2018, 09:07 - Ultimo aggiornamento: 09:08
Cassonetti straripanti di sacchi di umido, ormai maleodoranti, a terra accatastati o sparsi cartoni e scatole, ingombranti relitti d'imballaggi natalizi: ecco, come fosse preda di una furia interiore l'immondizia prende fuoco. Sono i roghi che lampeggiano in una Capitale non rassegnata ma esausta, falò complottisti di mani criminali secondo alcuni, pura rabbia incendiaria di cittadini esasperati per i più. L'emergenza che si fa normalità, e ciò è grave e inquietante, prende la sbrigativa via delle fiamme, dei suoi bagliori sinistri, per illuminare un disagio diffuso e sopportato troppo a lungo. Certo, molti sono anche coloro che si impegnano in prima persona con senso civico, nella battaglia dei Retake. Ma questi segnali vanno presi sul serio.

Stolto sperare che indolenza e rassegnazione se li portino via. Nel passato è accaduto. Oggi il degrado che coinvolge colpe diffuse e stratificate e alle quali non siamo estranei noi che Roma l'abitiamo e la soffriamo insieme, sta compiendo una trasformazione epocale e potenzialmente irreversibile. Le autorità sono chiamate a un tavolo permanente e severo, determinato a un cambio di rotta. L'enfasi delle festività ci ha messo del suo e tutto sembra esplodere come un gioco d'artificio senza boati, senza lampi. Amareggia scorrere i capitoletti sul disastro nel tema da scuola elementare dell'autorevole New York Times. Un reportage che rilegge e fa sintesi delle nostre quotidiane denunce: una letterina che ci racconta l'ovvio. Ma anche il vero. Farselo dire da quello sguardo col sopracciglio alzato addolora. Non prendiamocela col radiologo, però. È la malattia che deve guarire.
 
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