San Pietroburgo, pista islamista. La sfida del metodo Putin per smantellare la Jihad

Putin
di Alessandro Orsini
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Martedì 4 Aprile 2017, 08:06
Putin ha ricevuto una sfida. Si è recato a San Pietroburgo e ha trovato una bomba nella metropolitana. Sotto il profilo militare, il problema non si pone. Putin non ha problemi a schiacciare i terroristi, che sono deboli per definizione. Gli uomini si lanciano con le automobili contro i pedoni e si fanno esplodere nelle metropolitane quando non dispongono di missili e carriarmati. I terroristi hanno le armi che hanno: coltelli, vetture impazzite e bombe artigianali. Putin ha le armi che ha: aerei, portaerei e bombe atomiche. È dunque un gioco da ragazzi trasformare i terroristi in polvere. Basti vedere il modo in cui Putin disintegrò i terroristi in due casi.

I PRECEDENTI
Il primo è rappresentato dall'assalto dei corpi speciali russi contro i 40 militanti ceceni che avevano preso in ostaggio 850 persone nel teatro di Dubrovka, il 23 ottobre 2002. Putin attese due giorni. Poi i suoi uomini entrarono nel teatro e i terroristi morirono. Il secondo caso è rappresentato dall'assalto dell'esercito russo contro i 32 ribelli ceceni che, armati di cinture esplosive, presero in ostaggio circa 1200 persone nella scuola di Beslan, il primo settembre 2004. Putin attese tre giorni. Poi i soldati russi entrarono nella scuola e i terroristi morirono.
Il problema di Putin è capire chi sono i terroristi che hanno colpito la metropolitana di San Pietroburgo. Un attentato senza rivendicazione è come un cecchino invisibile. Costringe a volgere lo sguardo in tutte le direzioni. Potrebbe essere stato chiunque, si dice in questi casi.

Tuttavia, la ragione politica, e la storia recente del terrorismo in Russia, inducono a rivolgere lo sguardo in due direzioni. La prima direzione conduce da San Pietroburgo al Nord del Caucaso, nel cui ventre il jihadismo pulsa da anni. Quest'area è stata in larga parte domata, ma non i jihadisti che, indomiti, aspirano a creare un Stato come quello che l'Isis ha creato in Siria e in Iraq. Le immagini di San Pietroburgo richiamano quelle dell'attentato contro la metropolitana di Mosca del 29 marzo 2010, quando due vedove nere si fecero esplodere in due diverse stazioni della metro, causando la morte di 40 persone. Sul piano ideologico, le due kamikaze lottavano per l'indipendenza del Caucaso del Nord. Sul piano personale, volevano vendicare le violenze dei soldati russi sul campo di battaglia, costata la vita ai loro familiari. Il fronte del Caucaso del Nord resta sempre aperto per Putin. Tanto più che numerosi militanti jihadisti di quell'area hanno aderito all'Isis. Perseguono un'agenda locale, ma utilizzano la sigla dell'Isis per fare più paura e catturare l'attenzione dei media.

La seconda direzione conduce da San Pietroburgo alla Siria. Dopo l'attentato contro l'aereo russo che sorvolava la penisola del Sinai, il 31 ottobre 2015, i vertici dell'Isis spiegarono che non avevano mai avuto alcuna intenzione di colpire la Russia. Chiarirono di avere cambiato idea dopo che Putin aveva iniziato a bombardare le postazioni dell'Isis nel settembre 2015. In effetti, la successione degli attentati mostra che prima sono iniziati i bombardamenti di Putin e poi sono arrivati gli attentati dell'Isis.

I VARI FRONTI
Putin raccoglierà la sfida, ma è una sfida inutile. I terroristi che hanno colpito la metropolitana di San Pietroburgo non hanno alcuna possibilità di successo. Sotto il profilo militare, se individuati, saranno trattati con il metodo Putin. Sotto il profilo politico, non esiste attentato terroristico che possa indurre Putin a modificare la sua linea politica nel nord del Caucaso o in Siria. Il fronte caucasico è chiuso da tempo. Il fronte siriano sta per chiudersi.

Putin ha speso molti milioni di dollari per conservare il controllo sulla Siria ed è ovvio che lo Stato Islamico dovrà sloggiare dai suoi domini. Putin considera la Siria una cosa sua e sembra proprio che Trump non abbia niente da obiettare a riguardo, visto che ha persino assunto un atteggiamento di apertura verso Bassar al Assad. Inimmaginabile per Obama. Il dolore per i morti di San Pietroburgo è accresciuto dall'inutilità di questo attentato.
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