Nella Corea del Nord Kim ha provato ed è riuscito a sopravvivere. Si è fatto una famiglia. Dalla moglie ha avuto quattro figli, 3 femmine e un maschio. Ha provato a dimenticare la sua terra, forse c'è riuscito, ma la libertà, quella, non è riuscita a dimenticarla. E allora ha deciso, come fanno tanti altri suoi colleghi-prigionieri. Ha organizzato la "grande fuga". Si è rivolto a Choi Sung-Yong, capo Abductees’ Family Union Association, una delle tante associazioni impegnate nella lotta per il rimpatrio dei sudcoreani. Ha attraversato il fiume Duman al confine tra Corea del Nord e Cina. E' rimasto lì in attesa di riceve l'autorizzazione per lasciare il paese e quindi tornare a casa.
Ad aspettarlo il fratello. I genitori, ovviamente, sono morti. La sua famiglia, qulla creata nei 55 anni di prigionia, l'ha lasciata nella Corea del Nord. Forse perché il viaggio era troppo rischioso, o forse perché la moglie e i figli non si sentivano prigionieri nella loro terra. Ma Kim non ha mai dimenticato l'odore del fiore mugunghwa, il fiore nazionale della Corea, quello che potrà rivedere con gli occhi di un uomo libero, quello che in coreano significa "immortale", come la voglia di tornare a casa.
Choi Sung-Yong racconta che negli anni Settanta 458 coreani del sud, soprattutto pescatori, sono stati catturati dal governo del Nord. Più di 500 prigionieri di guerra non sono più tornati a casa.