Hollande, la première dame Valerie Trierweiler all’ospedale gli incontri nella casa del boss

Hollande, la première dame Valerie Trierweiler all’ospedale gli incontri nella casa del boss
di Francesca Pierantozzi
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Lunedì 13 Gennaio 2014, 08:40 - Ultimo aggiornamento: 13:15

Non c’ stato nemmeno bisogno di un comunicato, Valerie Trierweiler ha parlato con i fatti. Vedere le foto che rivelano al mondo la love story del compagno François Hollande e l'attrice Julie Gayet l’ha gettata nello sconforto, nella rabbia: un trauma. Venerdì sera è stata ricoverata «in un ospedale parigino per essere sottoposta ad alcuni esami dopo un forte choc emotivo».

La notizia l’ha data ieri il suo segretariato, confermata poco dopo dall'Eliseo, ormai al centro di un melodramma sentimentale e politico. «È molto abbattuta e provata» hanno riferito a le Monde. Valérie uscirà oggi, unica cura raccomandata dai medici: il riposo. Ma non sarà facile riposarsi nei prossimi giorni. La sua relazione con François Hollande sembra ormai irrecuperabile, e di conseguenza finito anche il ruolo di première dame - o première compagne - che con tanta fatica aveva cercato di costruirsi. Tutti aspettano un comunicato che ufficializzi la separazione e il suo trasloco dall'Eliseo. «Deciderà lei», ha detto ieri il suo capo di gabinetto Biancone.

GLI SVILUPPI

Anche per chi resta non si annunciano giorni facili. Domani Hollande non potrà sottrarsi alla prova del pubblico: sono seicento i giornalisti accreditati per la tradizionale conferenza stampa semestrale, nella grande sala delle feste. Si doveva parlare soprattutto del nuovo «patto di responsabilità» che il presidente vuole sottoscrivere con le imprese per rilanciare l'economia, si doveva parlare della lotta alla disoccupazione, della svolta liberale, ma la love story ha fatto passare tutto in secondo piano e un chiarimento sarà inevitabile.

Ieri è toccato a Ségolène Royal compagna per trent'anni e madre dei 4 figli di Hollande, prendere per prima la parola. Lo ha fatto durante un intervento al Tg delle 13. Nessun commento piccante, nessuna frecciata contro la rivale, che nel giugno 2012 osò inviarle un tweet assassino durante la campagna per le legislative. «Dobbiamo voltare pagina», ha detto Ségolène. «Non voglio alimentare in nessun modo un feuilleton che è molto, ma molto lontano dalle preoccupazioni dei francesi».

I francesi sembrano per ora non essere stati troppo scioccati dagli amori extra-Eliseo del loro presidente. Secondo un sondaggio realizzato ieri dal domenicale Journal du Dimanche, l'84 per cento degli intervistati non si è lasciato influenzare dalle foto rubate del settimanale Closer e il 77 per vento continua a pensare che si tratti «di un affare privato che riguarda solo ed esclusivamente François Hollande». Resta il fatto che Closer era esaurito venerdì mattina alle dieci, due ore dopo essere arrivato nelle edicole, e che la popolarità di Hollande resta ai minimi storici, ferma al 24 per cento.

LE REAZIONI

Prime fessure cominciano a comparire nella classe politica, fino a ieri compatta nel denunciare qualsiasi violazione della privacy. Ieri il capo dell'opposizione Jean-François Copé, presidente dell'Ump, ha dichiarato che le rivelazioni sulla presunta love story tra il presidente e l'attrice è «disastrosa per l'immagine della funzione presidenziale». «Basta leggere i titoli della stampa internazionale - ha detto Copé - Quando parlano della Francia in questo momento, lo fanno o per parlare di questa vicenda o per parlare di Dieudonné», il comico antisemita di cui sono stati vietati gli spettacoli.

La parola spetta ora a Hollande. Che certo non vorrà ripetere l'errore che lui stesso rimproverò a Nicolas Sarkozy quando, il 10 gennaio 2008, durante la stessa conferenza stampa all'Eliseo, si era espresso sulla relazione con Carla Bruni appena cominciata: «è una cosa seria» aveva detto Sarkozy, duadagnandosi le critiche della stampa e dei francesi per un imbarazzante esibizionismo di vita privata. All'epoca segretario del partito socialista, Hollande aveva puntato il dito contro il «narcisismo» di Sarkozy, che costringeva «tutti, cittadini, responsabili pubblici e giornalisti a diventare dei guardoni».