Il re è morto, viva il re. L'Arabia Saudita ha annunciato la scomparsa del suo sovrano Abdullah e a stretto giro anche l'ascesa al trono del suo successore, il principe ereditario Salman Abdul Aziz al Saud, suo fratellastro e come lui uno dei tanti figli del fondatore del regno, Abdul Aziz al Saud, che porta il suo nome.
Il principe Salman è anziano, ha quasi 80 anni, ma ha ottimi rapporti e contatti con le tante tribù del Paese e decenni di esperienza di governo, essendo stato sin dai primi anni '60 governatore della regione di Riad, la capitale, che sotto la sua guida è divenuta una metropoli, con decine di grattacieli e dove vivono quattro dei circa venti milioni di abitanti dell'Arabia Saudita.
La sua salute desta qualche preoccupazione, avendo avuto un ictus che gli ha lasciato qualche problema di mobilità al braccio sinistro. Tuttavia, dovrebbe essere in grado di garantire una transizione senza scossoni. È considerato un conservatore, ma anche un mediatore. Già nel 2007, dunque ben prima che nel 2012 venisse nominato principe ereditario, un memo dell'ambasciata Usa a Riad affermava che la grande famiglia reale, che conta circa 5.000 principi, lo considera come «un punto di riferimento» per la soluzione di dispute interne.
Un elemento molto importante, per un principe che si accinge a prendere in mano le leve del potere assoluto in un Paese che dispone del 20 per cento delle riserve mondiali di petrolio, che ha al suo interno i luoghi più sacri dell'Islam e che dovrà inevitabilmente concedere delle riforme politiche, per consentire ad uno dei Paesi più tradizionalisti al mondo di poter far fronte a sfide internazionali e regionali sempre più complesse.