Smart working, Zangrillo: «Via l’eccezione per i genitori, non siamo più in pandemia»

Il ministro della Pubblica Amministrazione: «Con la riforma dei concorsi una Pa più attrattiva»

Smart working, Zangrillo: «Via l’eccezione per i genitori, non siamo più in pandemia»
di Andrea Bassi
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Lunedì 5 Giugno 2023, 23:58 - Ultimo aggiornamento: 6 Giugno, 16:57

Ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, il 30 giugno scade la proroga dello smart working per i dipendenti privati con figli under 14 e per i fragili. Che succederà dopo la scadenza?
«Prima una premessa».

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Prego?
«Ho sempre sostenuto che il lavoro agile rappresenti un importante strumento e non vedo perché non possa essere in grado di funzionare anche nella Pa.

Per evitare il racconto del lavoro agile come una sorta di semi-vacanza, serve però una vera e propria rivoluzione culturale, oltre che organizzativa, in grado di rendere lo smart working pienamente efficace, per non pregiudicare i servizi erogati a cittadini e imprese». 


Detto questo?
«Nello specifico della sua domanda, mi permetto solo di osservare che non siamo più in pandemia, per cui non credo ci sia più l’urgenza di intervenire sui genitori con figli under 14. Auspico invece continui ad esserci la giusta attenzione nei confronti dei fragili».


Il governo porrà la fiducia sul decreto per la Pa che contiene le norme che allungano di un anno lo scudo erariale verso la Corte dei conti ed eliminano il controllo concomitante di quest’ultima sul Pnrr. Erano misure necessarie?
«Le polemiche di questi giorni mi sembrano una tempesta in un bicchier d’acqua, preferisco rispondere nel merito». 


E qual è il merito della questione?
«Lo scudo erariale è stato introdotto nel 2020 dal governo Conte e poi prorogato dal governo Draghi. Non vedo per quale ragione si debba alzare un polverone su questa ulteriore proroga, finalizzata a mettere le nostre persone nelle condizioni di realizzare in un clima di fiducia, e in tempi molto stretti, i tanti progetti del Piano. Per quanto riguarda invece il controllo concomitante, ricordo che sull’avanzamento del Piano vigila l’Unione Europea e che la norma non incide in alcun modo sulle prerogative della Corte dei conti. Nessuno vuole metterle in discussione: i controlli contabili ci saranno».


Il governo ha deciso che i progetti in ritardo del Pnrr che sono “strategici” saranno portati avanti. Quelli che non lo sono saranno definanziati. A che punto è questa revisione e che impatti avrà?
«In principio i progetti del Pnrr sono stati concepiti in un contesto che è cambiato in modo radicale. La revisione si sta realizzando di concerto con l’Europa. I ministeri competenti stanno verificando quali sono i progetti realizzabili nei tempi previsti, quali quelli effettivamente necessari e, se non sono realizzabili entro il 2026, come dirottarli su fondi che hanno un respiro temporale più ampio. Mi sembra un approccio responsabile, ispirato al desiderio di cogliere appieno la straordinaria opportunità del Piano».


I ritardi dipendono anche dalla scarsa capacità amministrativa degli enti locali. Verranno aiutati?
«Abbiamo la necessità di garantire agli enti territoriali un cambio di passo. Per questo motivo abbiamo previsto una serie di misure per rafforzare la capacità amministrativa degli enti locali, favorendo da un lato l’acquisizione di risorse, come i segretari comunali, e dall’altro la prospettiva di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato. Questo ci aiuterà ad essere più attrattivi negli inserimenti di nuove competenze che dovremo fare nei prossimi mesi».


Nel decreto sulla Pa sono arrivati alcuni emendamenti che anticipano la riforma dei concorsi. Fino ad 2026 non ci sarà più la prova orale. Perché?
«Il decreto Pa contiene alcune misure che anticipano quanto sarà definito in maniera strutturata in un Dpr che porterò all’approvazione in un prossimo Consiglio dei ministri. Abbiamo la necessità di rendere le procedure concorsuali compatibili con l’obiettivo di una Pa più attrattiva. Tra le varie opzioni intese a rendere le procedure sempre più coerenti con il bando proposto, c’è la possibilità di eliminare fino al 2026 la prova orale». 


C’è poi una “territorializzazione” dei bandi. I candidati dovranno scegliere prima in quale Regione lavorare. Quali sono le ragioni di questa norma?
«Anche questa è una misura pensata per rendere le procedure concorsuali più efficaci, nell’ottica di un migliore incontro tra domanda e offerta di lavoro. In questo modo limitiamo le rinunce di chi, ad esempio, vince un concorso e poi non accetta il posto perché non intende trasferirsi per ragioni economiche legate al costo della vita».


I dipendenti pubblici sono in fremente attesa della decisione della Corte costituzionale sul Tfs. L’Inps ha cambiato linea. Ora dice che i soldi ci sono?
«Su questo tema esistono sensibilità diverse e c’è una decisione ‘pending’ della Corte costituzionale. Aspettiamo di conoscerne l’orientamento. Si tratta comunque di una questione vera, su cui occorre un adeguato bilanciamento tra i diritti del lavoro e gli equilibri di bilancio».
 

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