Angelo Pagotto non si scorderà mai gli occhi di sua madre quando aveva appena 14 anni. Il suo sogno era fare il calciatore. E il sogno all'improvviso si realizza. Lo chiama il Napoli. Lui vuole andare, trasferirsi da Verbania e toccare con mano il calcio che conta, quello vero. Ma negli occhi di sua mamma non c'è felicità bensì preoccupazione. «Era spaventata - racconta al Corriere della Sera - mi aveva cresciuto da sola. Faceva l’operaia andando avanti e indietro dalla Svizzera per garantirsi quelle 700/800 lire in più al mese. Mi ha dato la possibilità di credere nei miei desideri, non mi ha mai precluso di sognare. Oggi non siamo in buoni rapporti, spero un giorno di ritrovarla e di ridere insieme delle cavolate fatte».
Maradona
Erano gli anni in cui c'era ancora Diego Armando Maradona. I suoi ultimi calci con la maglia azzurra. «Si allenava da solo col preparatore. Quando si stufava, iniziava a giocare con noi ragazzi. Tirava in porta, provava i rigori, ci dava consigli. Abbiamo avuto gli stessi problemi. Io mi sono ripreso, lui no».
La droga
Angelo era una promessa in porta. Uno di quelli che avrebbe sicuramente sfondato. Ma per riuscirci bisogna impegnarsi tanto. Ma nel 2007 arrivo la squalifica per 8 anni per colpa della cocaina. «Per me era evasione - racconta ancora al Corriere della Sera - soprattutto quando non avevo obiettivi. In quel momento ero al Crotone, giocavo poco, la mia carriera era finita.
Per lo stesso motivo fu squalificato nel 2000 a Perugia. «Ma quella fu un'ingiustizia. (...) Per coprire altri, hanno colpito me. In quel momento giocavo poco, non contavo niente. E avevo cinque anni di contratto… Il Perugia mi disse che, se avessi ammesso e patteggiato, la squalifica sarebbe stata di appena 8 mesi. Ma non lo feci, ero innocente. Ricominciai da zero a Trieste».
L'inizio della fine? Il suo arrivo a Milano, al Milan. Era il 1996, «ma in quel momento - ricorda al Corsera - per me era troppo. Per crescere sarei dovuto restare alla Sampdoria, fu un errore del mio procuratore. Trovai uno spogliatoio difficile da capire, comandavano Baresi e i vecchi italiani, che in campo volevano che noi giovani facessimo quello che chiedevano loro e che fuori non ci consideravano proprio. Ma se fu sbagliato andare al Milan, lo fu anche lasciarlo subito. Dovevo rimanere, come fece Ambrosini, poi diventato capitano».
Le spese folli
Di quel periodo ricorda anche le spese folli: «Ho guadagnato 350 milioni di lire, ancora oggi non so dove li ho spesi. (...) Andavo in Via Montenapoleone e iniziavo a spendere. Versace, Armani... la banca mi aveva rilasciato anche la carta oro con cui non avevo limiti. Sperperavo 40 milioni al mese, oggi mi sputerei in faccia».
Ma il primo errore fu prima. Dire di no alla Juventus di Luciano Moggi: «Ero in prestito alla Pistoiese, la mattina presto suona il telefono: "Sono Luciano Moggi, devi venire alla Juventus. Ero convinto fosse uno scherzo, gli riattacco in faccia. Lui richiama e gli dico di sì, ma poi a Torino avrei avuto la concorrenza di Peruzzi. Ci ripenso e scelgo la Sampdoria, dove a Zenga era rimasto solo un anno di contratto. Ma a Moggi i no non piacevano, soprattutto quelli di un ragazzino. L'avrei pagata cara, trovando le porte della serie A sempre chiuse».
Le accuse
Fu accusato anche di vendersi le partite. Una falsità. Capitò a Perugia: «È successo due volte, la prima a Perugia. Gaucci aveva litigato col mio procuratore, che era il figlio di Moggi e che avevo scelto da pochi mesi proprio per sanare i rapporti col padre. Al debutto in campionato perdiamo 4-3 con la Juventus campione in carica. Pioveva, il campo era viscido, il pallone scivoloso. Io faccio un errore, Peruzzi due. Ma il presidente mise in giro questa voce». La seconda, per la cronaca, a Trieste.
Il divorzio dalla moglie
Una vita rovinata anche dalla moglie che lo lascia. «Guarda caso proprio quando non c'erano più i soldi di prima. Sosteneva che dovessi ammettere le mie colpe, così da salvare il contratto. Evidentemente avevo scelto la persona sbagliata». Una vita travagliata anche in amore. A Bordighera dove aveva comprato un hotel con sua madre conosce «quella che sarebbe diventata la mia seconda moglie. Da lei ho avuto due figli, Gaia di 22 anni e Alex di 18. Ma anche con lei non è finita bene». Ma non si è arreso. E così «mi sono sposato una terza volta con Carolina, da cinque anni viviamo nella sua casa di Castagno D’Andrea, sulle montagne fiorentine...». Tra i ricordi belli? La vittoria di un'Europeo Under 21 tenendo in panchina Gigi Buffon.
Cosa fa oggi
Ha fatto il cuoco e il pizzaiolo in Germania, poi ha lavorato come spedizioniere ora però sogna «di tornare in serie A da allenatore dei portieri. Oggi ce ne sono tanti, forse troppi. Alcuni non hanno mai giocato, cosa che invece ritengo fondamentale. Sto seguendo i corsi, sto studiando e ho appena concluso un'esperienza importante all'Avellino. Oggi alleno i portieri del Prato». L'ultimo sogno? Fare pace con sua madre: «Sono sempre stato io a provare a fare un passo in avanti, adesso sta a lei. Se vuole mi trova qua, sulle mie montagne».