SUL LASTRICO
«Il radicchio rosso lo vendo a 0,11 euro al chilo - racconta Ivano Berto, produttore di Chioggia -. Il prezzo è bassissimo e non si discosta tanto da quello dell’anno scorso. E il costo di produzione si aggira sui 70 centesimi al chilo. Io ho ereditato la mia azienda prima da mio nonno e poi da mio padre, ma siamo sul lastrico, non so se riusciremo ad arrivare all’autunno». Insomma il rischio di vedere quintali di ortaggi finire al macero adesso è sempre più alto, come conferma Moreno Boscarato, anche lui agricoltore a Chioggia, con13 ettari coltivati a carote. «L’anno scorso riuscivo a venderle nell’arco della stagione a prezzi tra i 35 e i 50 centesimi al chilo. La settimana scorsa eravamo a 40, adesso siamo a 20. E il mio grossista non mi chiama più: farò una gara a chi offre di meno, pur di non buttarle via».
ESPORTAZIONI STOP
Anche la chiusura delle frontiere ha fatto sentire pesantemente in suoi effetti negativi, bloccando di fatto le esportazioni: «Vendo il finocchio a 0,80 euro al chilo contro i 1,20 dell’anno scorso - dice Roberto Scarpa, di Cavallino Treporti che conferisce i suoi prodotti al mercato di Udine ed ha come bacino di distribuzione il Nordest Europa: Slovenia, Croazia, Ungheria - . Idem per zucchine, cappuccio. Il prezzo di un mazzetto di ravanelli, 0,35 euro, è tornato a essere quello di dieci anni fa». Sul fenomeno speculativo, di cui gli agricoltori sono vittime al pari dei consumatori, punta il dito Paolo Quaggio, presidente provinciale della Cia: «Ben venga l’indagine dell’Antitrust, anche noi avevamo notato questa palese discrepanza tra i prezzi al supermercato in rialzo e quelli dei nostri agricoltori al ribasso. Evidentemente nella filiera che va dal produttore al venditore finale qualcuno ha fatto il furbo e l’aumento è stato esponenziale. E non lo trovo corretto in questo momento di difficoltà per tutti, dove serve invece più compattezza e unione di intenti. L’agricoltura era già in difficoltà prima, le aziende hanno risentito pesantemente dell’emergenza legata al coronavirus. Bisognerebbe invece che in qualche modo beneficiassero di questi aumenti. Una piccola percentuale di incremento del reddito, all’interno della filiera, dovrebbe andare anche a chi produce, credo sia nell’interesse di tutti, ma non è stato così. Noi e i consumatori siamo gli anelli deboli della catena, non abbiamo armi per difenderci, purtroppo dobbiamo spesso subire e basta”. Ad appesantire il conto anche la mancanza di manodopera, visto che quella dell’Est ha preferito rientrare a casa per l’emergenza sanitaria: «Questo ha creato ulteriori problemi. La sanatoria per gli irregolari? Ben venga, ma ad un’unica condizione, cioè che non ci siano giochi strani dietro e le assunzioni avvengano alla luce del sole, senza speculazioni. La crisi ha colpito tutti, nessuno escluso. Si è in parte salvato chi fa vendita diretta o al mercato contadino, ma tutti gli altri ci hanno rimesso. Non ho le cifre in termini di euro, ma calcoliamo una perdita di fatturato tra il 30 ed il 60% per le aziende veneziane. Gli ortaggi sono stagionali, non sono scarpe o pantaloni: o li vendi ora o non li vendi più”.
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