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Ma qual è lo scenario napoletano? Peggiora il trend per quanto riguarda i processi che puntano a verificare la consistenza di alcuni reati.
Qualche esempio, secondo quanto emerso finora: se a Napoli, nel 2014, occorrevano 870 giorni per chiudere un processo di primo grado; nel 2019, la media si è allungata: oggi occorrono quasi 1200 giorni per definire un processo in primo grado per fatti legati al reato di corruzione.
Non parliamo di maxiprocessi, bene chiarirlo, ma di istruttorie che riguardano spesso anche solo pochi imputati, quasi sempre a piede libero, quasi sempre rinviati dalle varie sezioni da un mese all'altro, se non da un trimestre all'altro. È di questo che si è discusso nel corso del tavolo tecnico, nel giorno in cui i penalisti italiani incrociano le braccia. Processi sempre più lenti (dalle udienze preliminari alla definizione del primo grado di giudizio), con inevitabili ripercussioni su un intero sistema economico e giudiziario.
Dati alla mano, non c'è solo la questione dei processi per corruzione. Peggiora il trend anche per i reati colposi, ci riferiamo a quel mondo che va dai casi di malasanità agli incidenti stradali, insomma a un intero mondo in attesa di giudizio.
Occorrono invece in media sei anni per chiudere il primo round per i processi legati alla resistenza a pubblico ufficiale, sempre e comunque con imputati a piede libero.
Un problema complesso, quello della giustizia tartaruga a Napoli, che ha inevitabili riverberi in Corte di appello, dove si entra in un limbo fatto di decine di migliaia di processi da smaltire. Spiega il presidente dei penalisti napoletani Ermanno Carnevale: «Il tema della eccessiva durata dei processi è certamente complesso. Una soluzione efficace non può che passare attraverso riforme ed interventi di sistema - beninteso salvaguardando le garanzie - e l'impiego di maggiori risorse per l'amministrazione della giustizia. Certo l'abrogazione della prescrizione dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, oggetto della previsione la cui entrata in vigore è prevista per il prossimo mese di gennaio, non sembra affatto una soluzione in tema. Al contrario. L'istituto della prescrizione nel processo penale, infatti, ha il suo in sé proprio nell'esigenza di evitare - per plurime ragioni che traggono fondamento da principi coessenziali al processo penale - la dilatazione dei tempi del procedimento e del processo. Prevederne invece, sic et simpliciter, l'abrogazione dopo la sentenza di primo grado, fra l'altro, corre il rischio di rendere i cittadini, imputati e persone offese, esposti ad un processo potenzialmente infinito».
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E non è un caso che questa mattina è prevista una mission romana del direttivo della camera penale di Napoli (segretario Gaetano Balice), nel corso di una maratona oratoria che punta a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla riforma dell'istituto della prescrizione. Una buona occasione per ricordare le aule vuote in piazza Cenni e il tempo che passa, mentre c'è chi attende giustizia, nel corso di processi per corruzione o per reati colposi, in una striscia nera che allunga sempre di più la sua possibilità di approdare a una sentenza di primo grado.
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