La miniera start-up in cerca di capitali: ​nelle Marche sono attive 376 imprese ad elevata innovazione

La miniera start-up in cerca di capitali: nelle Marche sono attive 376 imprese ad elevata innovazione
di Lorenzo Sconocchini
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Giovedì 18 Aprile 2024, 01:20 - Ultimo aggiornamento: 12:45

ANCONA Cos’hanno in comune Civitanavi e Tecnofilm, le imprese marchigiane oggetto delle ultime acquisizioni da parte di grandi gruppi? La prima, destinata con un’Opa a entrare nell’orbita del colosso americano Honeywell, si è specializzata in sistemi di navigazione e stabilizzazione inerziali in aerospazio e difesa. L’altra (acquisita al 100% da Versalis, il braccio chimico di Eni) produce compound termoplastici per l’industria calzaturiera. A parte il territorio di provenienza, entrambe del Fermano, le due aziende passate di mano sono nate e cresciute all’insegna dell’innovazione. 


Il caso Civitanavi

La Civitanavi Systems di Pedaso, senza le sue origini di start-up (come si chiamano le imprese ad alto contenuto d’innovazione) fondata nel 2012 non sarebbe diventata, in poco più di un decennio, quel competitor planetario valutato ora, nell’offerta pubblica di acquisto partita dagli Usa, 200milioni di euro, 6,30 per azione.

E la Tecnofilm di Sant’Elpidio a Mare ha sviluppato e registrato diversi brevetti tanto da essere riconosciuta nel 2015 come “Pmi Innovativa” nella sezione speciale del Registro delle Imprese e diventare l’anno dopo membro di Elite, una piattaforma internazionale creata dalla Borsa Italiana per supportare la crescita di aziende con eccellenze. Sono la punta dell’iceberg di un mondo, quello delle imprese ad alto contenuto d’innovazione, che nella nostra regione, secondo i dati della Camera di Commercio, conta al momento 296 start-up e 80 Pmi innovative. Per far crescere le start-up sono attivi nelle Marche tre incubatori di imprese, acceleratori che fanno da tutor e offrono servizi di supporto per lo sviluppo del prodotto: la BP Cube di Pesaro, e le anconetane The Hive e Ac 75 di Ancona.

I contributi regionali

Un terreno fertile che fa delle Marche la quinta regione innovatrice in Italia e la quarta per nascita di start-up innovative, come spiegava Regione Marche di recente lanciando un bando da 5 milioni (in scadenza lunedì prossimo) per favorire la nascita di nuove start-up, erogando 40mila euro a fondo perduto a laureati e laureandi per la creazione di start-up innovative. I settori di eccellenza con infrastrutture di ricerca specializzate sono soprattutto la meccatronica, la manifattura sostenibile, le tecnologie per gli ambienti di vita, salute e benessere e la silver economy, l’economia della terza età. In questo mondo dell’innovazione d’impresa, fioriscono le idee più disparate, dalla app che s’è inventata la start-up maceratese Be My Hero, che organizza feste portando a casa dei bambini animatori vestiti come i supereroi preferiti, fino all’ascolana Hp Composites, attiva nel comparto automotive, che realizza scocche in carbonio per bolidi a quattro ruote destinate a marchi come Lamborghini e Maserati e scuderie della Formula Uno.

Numeri da nicchia

Un settore in fermento, con punte di assoluta eccellenza, quello delle imprese marchigiane ad alta innovazione, ma che rappresentano ancora una nicchia, come faceva notare nell’edizione di ieri del Corriere Adriatico l’editoriale del professor Donato Iacobucci, docente di Economia alla Politecnica delle Marche, sottolineando come il numero delle start-up (285 a fine 2023, salito ora a 296) sia ancora «molto piccolo se si considera che ogni anno le iscrizioni di nuove imprese nella regione sono intorno alle 8.000». Pur con numeri limitati, dalle start-up e dalle Pmi innovative ci si aspetta un ruolo di traino per sostenere la capacità innovative dell’intero sistema produttivo marchigiano, giocando con le loro competenze e i loro prodotti un ruolo di avanguardie nella transizione digitale ed ecologica. Ma per svolgere questa funzione le start-up hanno bisogno di un contesto favorevole, nutrito di soggetti come incubatori e società di venture capital, in grado di sostenerne la crescita, come sottolineano lo stesso professor Iacobucci e con lui un altro docente della Politecnica, Michele Germani, direttore del Dipartimento di ingegneria industriale e scienze matematiche, che nell’editoriale di lunedì scorso richiamava proprio l’attenzione sul ruolo di incubatori e acceleratori di impresa per la crescita delle start-up. Imprese che si cimentano in attività che richiedono investimenti ingenti per mettere a punto i prodotti e aggredire i mercati. «La possibilità di raccogliere capitale di rischio - sottolinea il professor Iacobucci - è fondamentale ed è al momento l’anello debole del sistema italiano e ancor più di quello regionale»

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