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Non c’è l’intonaco grattato dalla parete delle scale della cantina di casa Poggi sul quale era impressa la traccia 33, cioè il palmo della mano attribuito dalla Procura di Pavia ad Andrea Sempio. E non c’è sangue sull’impronta 10 nella parte interna della porta d’ingresso, ritenuta la possibile firma dell’assassino. A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, i consulenti delle parti e i periti indicati dal gip si sono trovati ieri davanti alle tracce della scena del crimine, da rianalizzare nell’ambito dell’incidente probatorio disposto dal giudice Daniela Garlaschelli. E il materiale esaminato negli uffici della polizia scientifica di Milano ha riservato una conferma e qualche sorpresa.
Garlasco, i risultati dell'incidente probatorio: esaminate oltre metà delle impronte, su nessuna trovato sangue. Cosa succede ora
DINAMICA
La prima è che non è presente l’intonaco, cercato nell’ufficio reperti del Tribunale e negli archivi del Ris di Parma con risibili possibilità di essere ritrovato altrove.
Su quella parte di muro scrostato c’è l’impronta dell’indagato, proprio accanto ai gradini in fondo ai quali è stato gettato il corpo della vittima, e un’analisi biologica poteva essere potenzialmente dirimente per l’accusa, che colloca Sempio sul luogo del delitto. Già analizzata dai carabinieri del Ris nel 2007, era risultata negativa all’Obti test e dubbia al combur test per la presenza di sangue, ma presenterebbe 15 punti di contatto, «minuzie dattiloscopiche», con il palmo della mano destra dell’amico di Marco Poggi. Che frequentava la villetta e quindi avrebbe potuto averla lasciata sul muro in precedenza. Tutto diverso, però, se su quella traccia fosse stato trovato materiale biologico per verificare l’eventuale presenza del sangue di Chiara. Ma già all’epoca fu trattata con la ninidrina, reagente utilizzato per rilevare le impronte, che ha un effetto inibitore sull’esame del dna e sull’analisi del sangue. Per questo, secondo gli inquirenti, l’assenza di intonaco su cui eseguire approfondimenti non modifica l’ipotizzata ricostruzione con Sempio sulla scena del delitto: c’è il suo palmo della mano e sul muro di fronte la traccia di sangue 97F, ritenuta fondamentale nella valutazione della dinamica dei movimenti dell’assassino. E i nuovi accertamenti tridimensionali compiuti nella villetta puntano a verificare se sia stata lasciata dalla stessa persona. Un risultato meno scontato arriva dal lavoro degli esperti sulle tracce. Su oltre metà delle 30 impronte repertate su fogli di acetilato, all’esito delle prove svolte ieri non è stato rilevato sangue e tra queste c’è il «contatto papillare numero 10», già evidenziato nell’agosto 2007 sulla parte interna della porta della villetta. Secondo la procedura di esaltazione utilizzata allora e la relativa fotografia, sottolineava nel 2020 il Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano, quel contatto poteva essere stato generato da «una mano sporca». Non di Alberto Stasi, né di Sempio, degli amici di Marco Poggi o delle cugine di Chiara, era stato accertato. Ora arriva il responso negativo dell’Obti test, specifico per rilevare presenze ematiche: non è sangue, in ogni caso l’esame sarà ripetuto su richiesta avanzata dai difensori di Stasi.
LA SPAZZATURA
Ieri sono state analizzate 18 impronte ed effettuati 24 campionamenti di dna senza trovare sangue. Domani verranno completate le analisi e si passerà alla pattumiera rimasta nella villetta di via Pascoli per circa otto mesi fino a quando la famiglia di Chiara è rientrata in possesso dell’abitazione. Da quel momento il sacchetto azzurro è stato conservato presso l’Istituto di Medicina legale di Pavia e ora è tra gli elementi al centro dell’incidente probatorio. La ricerca del verbale di sequestro (poi recuperato) ha innescato polemica tra le parti, schermaglie iniziali di un confronto volto a cristallizzare la prova in un eventuale dibattimento. La si cerca su un barattolino di Fruttolo, sulle confezioni di the, biscotti, cereali e cucchiaini per la colazione rimasti sul tavolo la mattina del 13 agosto 2007.