Romano Prodi
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Gli scogli da superare per garantire la crescita

di Romano Prodi
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Domenica 1 Settembre 2019, 00:05
Mentre sono cominciate le trattative per la formazione del nuovo governo continuano a piovere le cattive notizie sull’andamento dell’economia e del commercio internazionale. L’Italia ne risente in modo particolare ed è sempre di più il fanalino di coda dell’economia europea. Antiche inadempienze e recenti errori ci obbligano a correggere al ribasso il nostro tasso di crescita che, nell’anno in corso, è ormai intorno allo zero. L’unica luce accesa è il sensibile e rapido abbassamento dello spread: fatto inusuale durante una crisi di governo. Le conseguenze positive di questo inatteso evento diventano ovviamente rilevanti solo se l’abbassamento continua nel tempo e non viene interrotto da inopportune dichiarazioni, cosa che si è purtroppo verificata nella giornata di venerdì. Il governo ha di fronte a sé il difficile compito di dimostrare che le speranze di ripresa del nostro Paese sono ancora fondate. Lo deve fare con misure che spingono la crescita ma che, nello stesso tempo, pongono rimedio agli squilibri sociali, economici e geografici che si sono accumulati in Italia nel tempo, soprattutto per effetto della crisi dell’ultimo decennio. Una sfida non facile anche perché, per la prima volta, si sta formando una coalizione di governo fra un tradizionale partito riformista e un movimento populista con radici molto recenti.

Credo che su alcuni fondamentali punti che riguardano la giustizia distributiva gli accordi siano meno difficili perché, almeno in teoria, vi dovrebbero essere spinte verso l’equità e la protezione delle fasce più deboli in entrambi i protagonisti del nuovo governo. Non dovrebbe essere infatti difficile creare una comune posizione contro la flat tax non solo perché è in contrasto con gli elementari fondamenti di equità che stanno alla base degli elementi costitutivi sia del Pd che dei 5Stelle, ma anche perché la sua cancellazione è in grado di liberare risorse che altrimenti dovrebbero essere tolte alla sanità e all’istruzione che, almeno in teoria, hanno priorità assoluta da parte di entrambi i partiti. Un’altra condivisa urgenza dovrebbe essere la lotta all’evasione fiscale. Oggi questa è possibile, come emerge dal fatto che stanno arrivando nelle casse dello Stato ingenti risorse aggiuntive in conseguenza dell’estensione dell’uso di fatture e scontrini elettronici. Si tratta di decisioni prese lontane nel tempo ma che, a causa delle incredibili lentezze della nostra burocrazia, hanno potuto dare i loro frutti positivi solo negli ultimi mesi. Anche se qualcuno pensa che sia un atteggiamento burocratico io continuo a pensare che civiltà, giustizia sociale e democrazia si difendono con le ricevute e che le moderne tecnologie ci permettono finalmente di usare con efficacia questi strumenti di controllo. Non potremo mai vivere in un Paese giusto ed efficiente quando un numero crescente di transazioni economiche vengono eseguite solo a condizione che non vengano rilasciate le ricevute. Data la dimensione di questo fenomeno dobbiamo essere coscienti che se non si cambia registro l’Italia non uscirà mai dal tunnel del debito pubblico.

Più complicato e difficile si presenta l’accordo sugli strumenti necessari per aumentare il tasso di crescita, anche se è facile capire che non si possono distribuire le risorse se prima non sono state accumulate.
Nell’immediato bisogna favorire gli investimenti privati e pubblici. Le misure chiamate 4.0, prima abolite e poi parzialmente ripristinate, debbono essere rimesse in funzione, così come si deve dare esecuzione agli investimenti pubblici necessari per risanare il territorio e per dotare l’Italia delle vecchie e nuove tecnologie necessarie per assicurare a noi un futuro. Mentre il futuro dei nostri figli è garantito solo dagli investimenti nel capitale umano: scuola e ricerca. Non è ammissibile che, in presenza di un insopportabile tasso di disoccupazione, molte nostre imprese siano obbligate a rallentare il loro cammino per mancanza di mano d’opera specializzata proprio mentre decine di migliaia di giovani sono obbligati ad emigrare perché la loro preparazione non trova sbocco nella domanda italiana, soprattutto nel campo della ricerca, vera Cenerentola del nostro sistema economico. È evidente che, in questo quadro, la politica ambientale può e deve essere la bussola per orientare verso il nuovo la nostra politica. Anche su queste decisioni dedicate alla crescita un accordo è possibile, ma non se si procede con ultimatum e ricette già confezionate. Se gli obiettivi sono in molta parte comuni le strade per raggiungerli sono il più delle volte differenti. Non c’è risultato possibile se non si compie uno sforzo per renderle compatibili. La neonata coalizione di governo può infatti funzionare solo se entrambi i protagonisti sono in grado di comprendere e mettere in atto i cambiamenti necessari per interpretare le sfide del mondo in cui viviamo. Agire con gli ultimatum significa non avere compreso né le difficoltà dell’Italia né il modo di superarle. È bene quindi ripetere che il governo in pectore può fare del bene al Paese e può durare tutta la legislatura solo se si definiscono con chiarezza e precisione le decisioni da prendere in comune. In un governo di coalizione i nuovi obiettivi comuni si raggiungono prendendo atto dei cambiamenti necessari e non esaltando la propria identità.
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