Vittorio Emanuele Parsi
Vittorio Emanuele Parsi

Il G7 in Cornovaglia/ La missione di Biden e l'unità Ue da ritrovare

di Vittorio Emanuele Parsi
4 Minuti di Lettura
Venerdì 11 Giugno 2021, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 00:43

Dalla metà del secolo scorso l’alleanza tra Europa e Stati Uniti ha contrassegnato l’ascesa del ruolo planetario di questi ultimi. Per la prima volta nella loro storia, gli Stati Uniti accettavano un impegno che legava in maniera permanente e istituzionalizzata la loro sicurezza a quella di altri Paesi e l’Atlantico diventava un “mare interno occidentale”. Certo, gli europei hanno sempre rappresentatogli junior partner di questa lunga relazione, ma dal punto di vista politico il loro contributo al successo del “secolo americano” è stato tutt’altro che marginale. Il concetto stesso di Occidente – in senso politico e strategico – non avrebbe mai preso forma senza l’apporto decisivo dell’Europa. 

Dalla fine della Guerra fredda in poi, il mondo è drasticamente cambiato e molte stagioni si sono alternate. Le illusioni e le speranze di un sistema internazionale unito da principi condivisi e dal multilateralismo sono rapidamente svanite, a mano a mano che nuove e differenti sfide, e redivivi o emergenti rivali, comparivano all’orizzonte.

Le stesse democrazie liberali di mercato si rivelavano fragili e scosse al loro interno dalla crescente difficoltà di mantenere il loro “primato” e la loro specificità (in termini economici, politici e sociali).
Nel corso degli ultimi anni, poi, proprio laddove l’Occidente credeva di poter essere più al sicuro, nel campo della tecnologia avanzata, ha dovuto scontare il prezzo della sua scarsa lungimiranza, forse della sua superbia. Basti pensare allo sviluppo della rete 5G, alla presenza cinese su Marte, alle intrusioni hacker russe. Spazio extra-atmosferico e cyberspazio sono ormai campi di contesa, quando non di battaglia, in cui le potenze autoritarie di Cina e Russia contendono all’Occidente una ormai tramontata supremazia.

Neppure questo è riuscito però a ricementare in maniera permanente la ormai antica alleanza occidentale e americani ed europei si sono trovati molte volte tutt’altro che allineati. Donald Trump, negli anni della sua permanenza alla Casa Bianca, ha sicuramente contribuito alla sensazione di una crescente divaricazione dei destini e delle prospettive delle due sponde dell’Atlantico. Ma è innegabile che sia stata “l’opzione del Pacifico”, perseguita dagli Stati Uniti con piena consapevolezza già da Barak Obama, a dare la sensazione che il futuro delle relazioni transatlantiche richiedesse molta maggiore consapevolezza, manutenzione e cura di quanto sperimentato in passato.

In questo senso è tutt’altro che paradossale che debba essere proprio l’ex vicepresidente di Barak Obama, e ora successore di Donald Trump, a farsi sostenitore del rinnovamento della storica amicizia occidentale.

Joe Biden arriva in Europa per ribadire la leadership globale americana: a partire dalla lotta alla pandemia, promettendo centinaia di milioni di dosi di vaccino, per aiutare innanzitutto le popolazioni più povere del pianeta ma anche i Paesi europei che hanno sperimentato non poche difficoltà nell’approvvigionamento iniziale. Il presidente americano vuole però anche rilanciare il senso dell’importanza della condivisione di valori politici comuni all’interno della comunità transatlantica, in un mondo che rischia di de-occidentalizzarsi anche nei principi che presiedono alle sue prospettive di governance. 

Si tratta di principi da cui discende quella specificità di una fiducia reciproca anche nei nuovi domini in cui la sicurezza si declina (spazio e cyberspazio, appunto). Per quanto in termini economici le compagnie europee e quelle americane possano competere tra di loro in questi campi, e per quanto gli stessi singoli Paesi europei non possano venir meno alle proprie responsabilità per la ricerca di un’autonoma capacità di difesa in ambito cyber, credo sia evidente come Europa e Stati Uniti debbano entrambi guardarsi da ben altri e più minacciosi rivali.

Il presidente Biden sta giocando le sue carte su una scena globale nella cui prospettiva l’Europa e l’Atlantico hanno un ruolo che non è superato e nemmeno destinato necessariamente a tramontare. Sta ora ai governi europei proporre una propria strategia, affinché il superamento della geopolitica da Risiko – o Atlantico o Pacifico – comporti la chance di una maggiore rilevanza del Vecchio Continente.
Si tratta di una strategia, ovviamente, che non può che essere comune, se vuole avere anche solo una possibilità di successo. Fino ad ora abbiamo sempre fallito, come europei, proprio nella sfida di saperci pensare e stagliare sulla dimensione globale. Anche i fallimenti sui teatri regionali del nostro comune “estero vicino” sono spesso derivati da questa miopia, da questa sorta di affaticamento che, oggi, nel mondo (quasi) post-covid non possiamo più permetterci.

© RIPRODUZIONE RISERVATA