Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

L'analisi/ Il caso Evergrande e la via obbligata del salvataggio

di Angelo De Mattia
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Domenica 20 Agosto 2023, 23:46

È facile e istintivo evocare, nelle occasioni di potenziali significativi dissesti finanziari, il “momento Lehman”, come puntualmente sta avvenendo con la vicenda del colosso cinese Evergrande che, non riuscendo a rimborsare un debito di 31,7 miliardi di dollari, ha chiesto alla Corte di Manhattan, in base alla legge fallimentare americana, di essere protetto dalle possibili iniziative dei creditori al fine di poter predisporre, nel frattempo, un piano per soddisfare le loro richieste.

Le difficoltà di Evergrande, che possiede circa 600 milioni di metri quadri di terreni da sviluppare, erano note da tempo, ma ritenute finora di portata minore. La crisi dell’edilizia, le case invendute hanno attivato quello che il famoso economista americano Kenneth Rogoff ha definito come il “superciclo del debito”.
Sono evidenti pure le connessioni con il rallentamento dell’economia cinese per la quale si prevede, per l’anno, una crescita del pil al ribasso, da poco oltre il 5 per cento, in precedenza stimato, a una misura intorno al 4 per cento che, per l’Europa, sarebbe eccezionale, mentre in Cina, abituati a tassi del 7-8 per cento e anche oltre, si considera come un preoccupante decremento.

Alle difficoltà di Evergrande, che opera pure in altri settori, ivi inclusi quello delle automobili elettriche e quello del calcio, si uniscono le difficoltà di Country Garden, una impresa ritenuta il maggiore sviluppatore del Paese, e del trust Zhongrong facente parte di una società di gestione del risparmio, entrambi non in grado, per ora, di rimborsare cedole per 30 milioni di dollari. 

Si può comunque sostenere che siamo, certo “mutatis mutandis”, a una replica di Lehman? Le origini delle difficoltà sono simili: negli Usa la crisi fu innescata dai mutui “subprime” impacchettati, per la provvista, in titoli sottoscritti dai risparmiatori, e scattò quando la catena si interruppe e iniziarono i problemi per l’acquisto di abitazioni con l’aumento dell’invenduto e la caduta delle quotazioni.

Operavano anche in America le “shadow bank”, le banche-ombra, come, d’altro canto, i trust in Cina. Ma la differenza profonda tra le due realtà sta nella ricorrenza - dati i collegamenti tra settori economici interni e tra la finanza americana e quella degli altri Paesi sviluppati - dei presupposti per il contagio interno e internazionale allorché, a seguito delle cause accennate, deflagrò il dissesto dell’importante banca d’affari. La conseguenza fu una crisi finanziaria globale che, quindi, si trasferì anche nell’Unione Europea come crisi delle banche, poi toccò ai debiti pubblici.

Da essa non siamo completamente usciti per molti anni.

Ma la situazione cinese è diversa. I collegamenti per un effetto-domino a livello internazionale sono limitati. Paradossalmente, il non completo sviluppo finanziario, che si potrebbe considerare negativo, protegge la Cina e l’economia internazionale da effetti-alone, almeno stando a quanto oggi si può osservare e prevedere. 
Tuttavia, ciò che sta accadendo, se non fronteggiato adeguatamente, può, al di là della ricorrenza dei presupposti per il contagio, alimentare timori, preoccupazioni, formare aspettative non positive per cui appare fondamentale l’intervento del Governo e della Banca centrale con forti iniezioni di liquidità e altre misure richieste dall’emergenza.

E’ in gioco il futuro di due cruciali settori, quello edilizio e quello bancario-finanziario che le massime autorità cinesi non lasceranno andare alla deriva o alle decisioni di un mercato estero che non si sa bene come mobilitarlo senza considerare le conseguenze per l’autorevolezza e la credibilità del vertice del Governo e del partito comunista. Ma rilevare differenze e peculiarità non significa che ci si possa attestare, per esempio a livello di G7, in una tranquilla osservazione di ciò che accade ad Evergrande e alle altre società in difficoltà.
Forti dell’esperienza vissuta nel 2008 “in corpore vili” e delle misure poi progettate, occorre predisporsi pure a eventi adesso non prevedibili per le ragioni dette. E’ il momento in cui il Financial Stability Board, come organo anche del Fondo monetario internazionale per lo studio e la prevenzione delle crisi, dia un segnale concreto di esistenza in vita: meglio abbondare in precauzioni piuttosto che cullarsi in una diversità che però non è mai una impenetrabile torre d’avorio. 

Una tempestiva riunione del suddetto Gruppo, pur dovendosi badare a non dare involontari eccessivi segnali d’allarme, sarebbe doverosa. Ma non bisogna mai dimenticare la complessità dei rapporti con la Cina, da quelli puramente politici - e qui vanno valutati i possibili effetti dell’incontro, a Camp David, tra Biden, Kishida e Yoon Suk (Usa, Giappone e Corea del Sud) - a quelli economici, come la cosiddetta “Via della seta”, che chiama in ballo anche le scelte dell’Italia. Si può dire che, se non tutto, molto si tiene.
 

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