Mario Ajello
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Scala, prima dell’Attila/L’ovazione patriottica a Mattarella

di Mario Ajello
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Sabato 8 Dicembre 2018, 00:05
L’acuto più forte della prima di Attila è stato l’applauso a Sergio Mattarella. Calorosissimo. Scandito da duemila persone. E pieno di «bravo, bravo», di «grazie presidente» e così via. Una scena impressionante. Di fatto un’ovazione che ha assunto subito un valore politico. 

Mancavano Luigi Di Maio e Matteo Salvini alla Scala. E in platea è stato tutto un sussurro: dov’è Attila? Chi è Attila? Dei nuovi barbari, e semmai di romanizzare i barbari, s’è già discusso tanto, da quando i giallo-verdi sono andati al governo. Ma prima di individuare i nuovi Attila, bisogna chiedersi che cosa ha reso possibile l’avvento di questi presunti barbari. Che oltretutto non sono arrivati soltanto in Italia. Oggi Mattarella, per chi in quel teatro c’era ma anche per chi non c’era, rappresenta l’ultimo custode di un sistema sano, fatto di regole e di principi che, seppure da rileggere alla luce delle nuove istanze, sono espressione di un’Italia che ce l’ha sempre fatta e si è meritata il rispetto internazionale e popolare. Certa vecchia politica, che ha la chiara responsabilità della calata dei barbari, ammesso che di barbari si tratti, non può invece rivendicare - e guarda caso nessuno la applaude - meriti che non ha. 

<HS9>Che cosa contiene il fortissimo battimani a Mattarella? C’è dentro l’insopprimibile bisogno di applaudire l’espressione più alta di questo Paese, ossia l’arte (ieri nelle vesti verdiane dell’Attila) e il sapere come caratteri identitari di questa nazione. E racchiude anche, quel tributo al presidente, il senso patriottico di una comunità che, in fondo, è lo stesso della scena con cui si apre Senso, il grande film di Luchino Visconti. In cui gruppi di patrioti, al teatro La Fenice di Venezia, lanciano dai palchi mazzolini di fiori tricolori, in segno di spregio nei confronti delle truppe austriache, durante una rappresentazione - rieccolo, Verdi, simbolo di un Risorgimento che va relegato al passato - della Traviata. E questa può sembrare retorica, ma non lo è. Si vuol dire soltanto che l’applauso a Mattarella non è contro ma pro. E’ un messaggio di fiducia e di speranza. Esprime un desiderio di connessione sentimentale per un obiettivo alto. Perché non c’è dubbio che, se il governo avesse come scopo la crescita, attraverso una manovra economica di investimenti e di futuro, oggi l’applauso rivolto a Mattarella lo avrebbero preso tutti.
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