Carlo Nordio
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Noi e l’Europa/ I tre rischi nascosti nella bozza sugli sbarchi

di Carlo Nordio
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Giovedì 12 Settembre 2019, 00:24
Non sappiamo, allo stato, a che punto siano le trattative del nostro nuovo governo con l’Europa per la gestione dei migranti. Si va da un’ipotesi minima di «grande disponibilità per trovare un accordo», enunciata ieri da Conte, a una più avanzata, filtrata da indiscrezioni di stampa: secondo quest’ultima, già il prossimo 23 settembre potrebbe essere raggiunta un’intesa con Francia e Germania, sulla base di alcuni principi fissati in una riunione tenutasi a Helsinki tra i 28 ministri dell’interno, compreso Salvini, il 18 luglio scorso. 

In sintesi, Malta e Italia assumerebbero il ruolo di approdo temporaneo come “porti sicuri”, salva redistribuzione dei migranti, entro un mese, tra i vari Paesi. Un quarto ciascheduno a Francia e Germania; degli altri nulla si sa. 
Se così fosse, sarebbe già una buona notizia, rappresentando un primo passo verso quella gestione europea del fenomeno migratorio che tutti predicano e che nessuno, fino ad ora, è riuscito nemmeno a cominciare. Visti i precedenti, è lecito nutrire alcuni dubbi sulla concreta attuazione di questi buoni propositi, e le stesse dichiarazioni di ieri nel nostro premier sembrano averli mitigati, perché Conte si è limitato a prospettare sanzioni pecuniarie verso gli Stati riluttanti.

Aspettiamo comunque il 23 settembre. Nel frattempo tre considerazioni. 
Prima. Questo “accordo” di Helsinki intenderebbe interpretare il trattato di Dublino in modo meno restrittivo per lo Stato di prima accoglienza, che non sarebbe più automaticamente individuato nel luogo dove i naufraghi vengono sbarcati, ma coinvolgerebbe anche i Paesi di appartenenza delle navi che li hanno soccorsi. Ebbene, noi abbiamo qui sempre sostenuto che l’accordo di Dublino diceva proprio questo.
Le navi in acque internazionali sono infatti protesi del loro Stato di bandiera. Il loro comandante è un pubblico ufficiale che può raccogliere testamenti, celebrare matrimoni, e a maggior ragione ricevere le domande di asilo. E poiché il trattato di Dublino devolve la gestione dei profughi allo Stato dove tale domanda è inoltrata, i migranti raccolti da una nave olandese o tedesca sarebbero sotto la “giurisdizione”olandese o tedesca, e così via. Con questo criterio l’approdo temporaneo (per ragioni di urgenza umanitaria) nel nostro territorio, sarebbe tanto doveroso quanto lo sarebbe il sollecito rinvio dei migranti agli stati competenti. Sarà questa la linea, o una delle linee, adottande? Lo speriamo. Meglio tardi che mai. 

Seconda. Poiché negli accordi internazionali la “riserva mentale”, cioè l’equivoco, è sempre in agguato, sarebbe bene chiarire subito che la distribuzione dei migranti secondo le percentuali concordate deve avvenire prima, e non dopo l’accertamento del loro eventuale diritto di asilo. Altrimenti ritorneremmo al punto di prima. L’Italia infatti si accollerebbe la lunga e costosa procedura di verifica, con l’inevitabile intasamento dei centri di raccolta e degli uffici deputati all’istruttoria e alla decisione. Con l’ulteriore conseguenza che, in caso di respingimento della domanda, il rimpatrio dovrebbe esser effettuato a nostra cura e spese. 

E qui arriviamo alla terza considerazione: i rimpatri. Anche qui gli equivoci e l’ipocrisia sono sempre stati enormi. Tutti i governi hanno infatti confuso l’ordine di rimpatrio con l’effettiva “adprehensio” dell’irregolare e il suo trasporto coatto. Il primo è un provvedimento cartaceo, generalmente ignorato dal ricevente. Il secondo comporta un’attività complessa e dispendiosa che comprende : a) il consenso dello Stato destinatario, che spesso neanche riconosce la cittadinanza del clandestino; b) il collocamento di quest’ultimo in un aereo di linea, con l’accompagnamento di una robusta scorta a prezzo pieno; c) il consenso dello stesso trasportato, che di frequente adotta comportamenti ostruzionistici per evitare il rientro. 

Chi ha esperienza giudiziaria sa bene che, prima dell’imbarco, il rimpatriando spesso aggredisce la scorta venendo così arrestato in flagranza, condotto in carcere e liberato in attesa del processo. E intanto resta qui. 
Come si vede, è un vasto programma. Noi ci auguriamo che il nuovo governo lo attui efficacemente, e magari rapidamente. Se avesse successo, sarebbe un buon inizio. Ma se tra qualche mese emergesse che l’Europa ci ha preso ancora una volta per il naso, le ore di Conte sarebbero contate.
 
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