I conti pubblici peggiorano e l'effetto bonus non tocca i consumi

I conti pubblici peggiorano e l'effetto bonus non tocca i consumi
di Giusy Franzese
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Venerdì 9 Gennaio 2015, 18:31 - Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 11:34
Peggiora, e nemmeno di poco, il rapporto deficit/Pil. E inizia a scendere anche l’avanzo primario. Intanto si iniziano a vedere i primi effetti del bonus di 80 euro mensili in busta paga, non sono però quelli auspicati dal governo quando ha varato la misura: gli italiani che ne stanno usufruendo, infatti, preferiscono lasciarlo al sicuro nel gruzzoletto dei risparmi. Quindi i redditi sono aumentati, ma i consumi restano al palo. È un quadro pieno di ombre e con qualche tiepida luce, quello descritto dai Istat sul terzo trimestre 2014.



Partiamo dal deficit/Pil, uno dei parametri fondamentali monitorati da Bruxelles. Ebbene nel terzo trimestre quel rapporto - che non dovrebbe superare il 3% - è aumentato fino ad arrivare al 3,5% (+0,2% rispetto allo stesso periodo del 2013). Ancora più preoccupante il dato relativo ai primi nove mesi dell’anno: 3,7% (+0,3% rispetto al 2013). Nonostante ciò il governo dovrebbe riuscire a mantenere l’impegno del 3% su tutto il 2014, con un recupero dell’ultimo trimestre dell’anno grazie alle entrate generate dalle imposte sulla casa, dagli anticipi per il 2015 e dalla riduzione delle emissioni di titoli di Stato.



Resta in avanzo il saldo primario, ovvero l’indebitamento al netto degli interessi passivi: 0,8% sul Pil. Ma il risultato - comunica l’Istat- è inferiore di 0,5 punti percentuali rispetto al terzo trimestre dell’anno prima. Come dire: ci stiamo mangiando un po’ alla volta l’unica merendina che avevamo in tasca.

È andata meglio sul versante saldo corrente (differenza tra entrate e uscite): nel terzo trimestre è stato positivo, con un’incidenza sul Pil dello 0,2% contro lo 0,1% dello stesso periodo del 2013. Sono aumentate le uscite, ma anche le entrate. Recita la nota Istat: «Nel terzo trimestre 2014 le uscite totali sono aumentate, in termini tendenziali, dello 0,8%; la loro incidenza rispetto al Pil è del 48,0% (47,4% nel corrispondente trimestre dell'anno precedente). Le uscite correnti sono aumentate dello 0,2% (+1,2% al netto della spesa per interessi), mentre quelle in conto capitale sono aumentate dell’8%». Anche le entrate totali sono aumentate nel terzo trimestre: +0,4% in termini tendenziali. «La loro incidenza sul Pil (44,5%) è salita di 0,4 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2013». Più che a un segnale di miglioramento dell’economia, però, le maggiori entrate sono dovute soprattutto a un aumento della pressione fiscale. Ci dice l’Istat: nel terzo trimestre «la pressione fiscale è stata pari al 40,9%, superiore di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente»



A livello di bilancio dei primi 9 mesi dell’anno, il totale delle uscite rispetto al Pil (48,7%) «è invariato rispetto al corrispondente periodo del 2013». Mentre quello delle entrate è in peggioramento: 45% del Pil contro il 45,3% registrato nel corrispondente periodo del 2013. Nei nove mesi infatti le entrate sono diminuite, in termini tendenziali, dello 0,7%. Fattore crisi, ma anche conseguenza di una leggera diminuzione del peso del fisco: 40,7%, con una diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto ai primo 9 mesi del 2013. Flessione avvenuta tutta nei primi due trimestri, dato che, come abbiamo visto, nel terzo trimestre l’andamento è stato in direzione opposta. Cosa avvenuta sicuramente - tanto che per chiusura 2014 ci si attende una pressione fiscale superiore al 43% - anche negli ultimi tre mesi dell’anno, tradizionalmente i più pesanti a causa dei versamenti a saldo delle principali imposte, in particolare Irpef, Iva e Imu.



E il bonus di 80 euro mensili nelle buste paga dei redditi medi (fino a 25.000 euro annui) che avrebbe dovuto far resuscitare i consumi? Ha contribuito ad aumentare il reddito disponibile delle famiglie (+1,8% in valori correnti rispetto al trimestre precedente e 1,4% rispetto al corrispondente periodo del 2013). E così, vista l’inflazione raso terra, è aumentato il potere di acquisto delle famiglie consumatrici: +1,9% rispetto al trimestre precedente e +1,5% rispetto al terzo trimestre del 2013. Ma la paura per il futuro deve essere ancora così tanta che la maggior parte delle persone ha preferito ricostituire i risparmi e non spendere. Ed ecco che i consumi delle famiglie sono rimasti invariati rispetto al trimestre precedente e in lieve aumento (+0,4%) rispetto al corrispondente periodo del 2013. Mentre la propensione al risparmio, misurata al netto della stagionalità, è stata pari al 10,8% al top dal 2009, facendo registrare un aumento di 1,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 0,9 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2013. Un dato che fa il paio con quello del tasso di tasso di investimento delle famiglie: 6%, in diminuzione sia rispetto al trimestre precedente (-0,2 punti percentuali), sia rispetto al terzo trimestre del 2013 (-0,4 punti percentuali).