Tommasi, il rosso diventa verde per sublimare l’Amarone

Tommasi, il rosso diventa verde per sublimare l’Amarone
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Giovedì 1 Dicembre 2016, 17:42 - Ultimo aggiornamento: 2 Dicembre, 16:17
Meno fertilizzanti e meno insetticidi, irrigazione a goccia, bottiglie più leggere, tappi bio, recupero dell’acqua: così la cantina rende ecosostenibile l’intera filiera del vino

È conosciuta per i suoi rossi:Tommasi però ora punta sul verde. La casa vitivinicola veronese, una delle tredici famiglie dell’Amarone d’Arte, lancia un nuovo progetto all’insegna dell’ecosostenibilità. Tommasi Naturae non mira ad essere una generica ispirazione green, ma una filosofia a 360 gradi a cui uniformare l’intera organizzazione aziendale, dalla vigna all’etichetta della bottiglia.

«È un percorso per produrre vini di qualità, avendo cura e rispetto dell’ambiente ma anche delle persone che lavorano con noi - spiega il presidente Dario Tommasi - Molte cose già le facevamo, senza bisogno di certificazioni:abbiamovoluto metterle a sistema ed estenderle». Il gruppo, tre milioni di bottiglie complessive e 26milioni di euro di fatturato nel 2015, ha nel carnet già quattro vini prodotti con uve 100% biologiche, ma il programma va al di là di questo.

TRATTAMENTI INUTILI
Si comincia tra i vigneti: sistemi di monitoraggio dei parametri climatici (precipitazioni, temperatura, umidità) e modelli di previsione per evitare i trattamenti inutili; speciali atomizzatori per spruzzare le sostanze solo dove necessario; irrigazione a goccia direttamente sulle radici, per limitare dispersione e dilavamento. Tra i filari vengono lasciate crescere erbe e leguminose: la biodiversità favorisceilrecuperodel terrenoeattira ragni ed acari benefici, che predano quelli nocivi.

Dunque meno fertilizzanti ed insetticidi. Piuttosto, si sfalciano una volta di più le erbacce, poi lasciate a marcire sul posto, come concimenaturale. Dovessero esserci ancora insetti indesiderati, si adotta la “confusione sessuale”: equivalenti sintetici dei feromoni vengono spruzzati nell’aria, disorientando i bruchi maschi al punto da non individuare più le femmine. Accoppiamento addio e piante salve. Si passa in cantina: ambienti di invecchiamento a dieci metri sottoterra, per sfruttare la naturale stabilità termica del sottosuolo e “risparmiare” sul condizionamento.
E poi pannelli solari per la produzione dell’energia e impianti di recupero dell’acqua. Si conclude con le confezioni: bottiglie di vetro del 30% più leggere rispetto ai modelli tradizionali, tappi di sughero da querce anch’esse coltivate bio, etichette e imballi di carta e cartone certificati Fsc, garanzia internazionale di utilizzo sostenibiledelle foreste.

SEI AZIENDE CINQUE REGIONI
Fatti salvi alcuni macchinari tecnologici che sgravano da fatiche manuali, in fondo non si lavora molto diversamente dai tempi di Giacomo Battista Tommasi. Il fondatore è un esempio ante litteram di quell’imprenditorialità di origine contadina che mezzo secolo dopo genererà il miracolo economico nordestino. Mezzadro dei conti Rizzardi, nel 1902 riesce ad acquistare un minuscolo podere dallo smembramento della Tenuta Campostrini e si mette in proprio. Figli, nipoti, bisnipoti hanno continuato la storia. Fedeli al principio del capostipite: «Terreni brutti, ma in posti buoni e belli».

Tradotto: un vigneto malandato può essere rimesso in sesto con un buon lavoro, ma la collocazione e la vocazione di un’area sono imprescindibili. Edi posti buoni e vocati, iTommasi ne hanno allineati parecchi: oggi alla famiglia fanno capo 572 ettari, articolati in sei aziende vitivinicole tra Veneto, Lombardia, Toscana, Puglia e Basilicata.
Prima, si è consolidata nel territorio d’origine, nella Valpolicella Classica, tra il lago di Garda e i monti Lessini, diventandouno dei maggiori produttori del maestoso Amarone, gloria dell’enologia scaligera e tra i nettari più pregiati. Poi si è allargata nei dintorni, con acquisizioni degli altri grandi Doc veronesi: Bardolino, Custoza, Lugana, fino a oltre 205 ettari totali, a cui si aggiunge una quindicina di ettari a Prosecco nella Marca trevigiana.
Dal 1997 lo shopping di tenute e aziende è decollato anche extra Veneto: i 66 ettari della Tenuta Rompicollo, a Pitigliano, nella Maremma grossetana, hanno dato il là al progetto toscano “Poggio al Tufo”, proseguito qualche anno dopo, con la Tenuta Doganella (24 ettari dedicati alla coltivazione biologica) e la Tenuta di Scansano (80 ettari) nel cuore della Docg del Morellino.

Nel Salento pugliese è stata la Masseria Surani, nellazonadelladocManduria, 80ettari soprattutto per la produzione del Primitivo, mentre a completare lagammacon gli spumanti ci pensa la tenuta di Caseo, nell’Oltrepò pavese, 90 ettari di vigneto e 30 di bosco e riserva di caccia, citati fin dai tempi di Gian Galeazzo Sforza. Dopo aver coronatounsogno, l’anno passato,con 53 ettari (compresi 12 ad oliveto) a Casisanosulle colline del Brunello di Montalcino, la campagna acquisti ha messo a segno l’ultimo colpo nell’agosto scorso, rilevando lamaggioranza di Paternoster, azienda specializzata nell’Aglianico doc, ai piedi del Vulture, in Basilicata.

«Per ilmomento ci fermiamo qui - sorride Dario Tommasi - riteniamo di disporre di una capacità produttiva sufficiente. Ora si tratta di sviluppare al massimo delle sue potenzialità ogni azienda ed ogni brand. E il lavoro nonmanca». Non manca neppure nell’altro filone di attività di casa Tommasi: l’ospitalità. Anche in questo campo, il fondatore Giacomo è stato un precursore, dando alloggio e ristoro ai viaggiatori lungo la strada da Verona a Trento (oltre ad aver avviato già all’epoca una rivendita diretta del suo vino).

Gli eredi ne hannoseguito le orme, investendo nel Villa Quaranta wine hotel & Spa, un quattro stelle con spa a Pescantina, sempre in Valpolicella, e in un altro albergo e in un caffè ristorante storico a Verona. Ma l’opzione ricettività è stata contemplata anche in molte delle operazioni legate alle nuove tenute agricole, a partire dall’agriturismo diPoggioal Tufo.

ALL’ESTERO SOLO MERCATO
Non è, invece, nei piani immediati un’espansione fuori dall’Italia. Almeno - sia chiaro - per quanto riguarda le acquisizioni, perché sotto il profilo commerciale la presenza oltre confine è già ben radicata: il 90% delle bottiglie viene venduto all’estero e i vini del produttore veronesesonoesportati inunasettantina di paesi stranieri, a partire da mercati storici come Germania, Svizzera, Stati Uniti, Canada. «Negli ultimi duedecenni è cresciuta molto l’Europa settentrionale - conferma il patron - ed anche l’Asianon puòpiù essere considerata semplicemente un mercato emergente.Noncredo molto all’equazione cento milioni di benestanti, uguale cento milioni di bottiglie. Per questo, più che alla Cina, punto su Hong Kong, più maturo sotto il profilo enologico, anche per i forti flussi di stranieri». Verrà rafforzatoancheilcommercioelettronico, con siti dedicati alle varie aziende e piattaforme specifiche proprio per i clienti dell’Estremo Oriente. Nonostante la dimensione globale, Tommasi resta orgogliosamente un’impresa familiare: dopo la terza generazione del signor Dario e dei suoi fratelli, da alcuni anni hanno ormai assunto incarichi di responsabilità in azienda i loro nove figli.

«Un’apertura a manager esterni? Ci abbiamo pensato e non abbiamo alcuna preclusione, ma al momento non c’è una vera necessità, al di là di professionisti che già collaborano con noi in ruoli tecnici». All’orizzonte già si affaccia la quinta schiera della dinastia. Anche in questo caso, il futurotra i vigneti Tommasi è verde.

Tommasi
Via Ronchetto n° 4 - 37029 Pedemonte di Valpolicella (Verona)
AMMINISTRATORE DELEGATO: Dario Tommasi


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