La decadenza di un attore di successo
nell'Umiliazione di Philip Roth

La copertina de L'Umiliazione di Philip Roth
di Roberto Bertinetti
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Giovedì 4 Marzo 2010, 16:53 - Ultimo aggiornamento: 2 Aprile, 23:17
ROMA (4 marzo) - E’ ancora una volta intriso di pessimismo e di imminente senso della fine L’umiliazione (Einaudi, 113 pagine, 17,50 euro), ultima opera di un infaticabile Philip Roth, arrivato al suo trentesimo romanzo, che da tempo ritrae personaggi con un grande passato alle spalle e scarse speranze di futuro. Questa volta il maestro della narrativa Usa contemporanea riassume la decadenza di Simon Axler, magnifico attore di successo che, a poco più di sessant’anni, entra all’improvviso in crisi.“Aveva perso la magia. L’impeto era venuto meno. In teatro non aveva mai fallito, tutto ciò che aveva fatto era stato valido e convincente, poi gli successe una cosa terribile: non era più capace di recitare. Andare in scena divenne un tormento”.



E’ questo il folgorante inizio di un volume che la critica statunitense ha lodato in maniera unanime, ritenendolo all’altezza dei testi migliori di Roth. Il forzato addio alle tavole del palcoscenico costituisce per Simon Axler solo l’inizio di un calvario: prima deve affrontare la fuga della moglie, ballerina classica anche lei giunta al termine della carriera, quindi un terribile dolore alla schiena che non gli lascia pace e infine un crollo interiore lo obbliga a un ricovero volontario in una clinica psichiatrica. Quando esce dall’ospedale quasi per miracolo sembra spalancarsi davanti a lui una nuova e insperata possibilità. Certo, non nell’ambito del lavoro, visto che il taglio con il teatro è irreversibile, ma sul piano sentimentale.



L’anziano istrione si innamora (ed è ricambiato) di una ragazza molto più giovane, Pegeen Stapleford, figlia di amici che ha visto la prima volta appena nata e, particolare decisivo per l’esito della vicenda, sempre attratta solo da donne prima di rivedere l’attore. Pare per entrambi l’avvio di una fase finalmente positiva della loro esistenza dopo tanti drammi. Ma si tratta, purtroppo, di una breve parentesi cementata dal sesso (ingrediente che non manca mai in Roth) prima della tragedia conclusiva. Una sorpresa ideata dallo scrittore per chiudere il cerchio con un colpo ad effetto ricalcato da un classico del teatro russo dell’Ottocento: “Sì, era proprio l’ultima battuta del Gabbiano. Ce l’aveva fatta. Il famoso mattatore, tanto osannato un giorno per la forza della sua recitazione, l’uomo che ai suoi tempi riempiva i teatri delle folle che correvano a vederlo”.



E’ il congedo di Simon Axler, la sua ultima interpretazione, forse la migliore. In ogni caso, fa intendere Roth, l’unica possibile dopo che anche il legame con Pegeen si è interrotto in maniera traumatica. Ci sono elementi autobiografici in questo libro intriso di asciutta bellezza e di feroce disperazione? Lo scrittore lo ha negato con forza nelle interviste, anche se ha rilevato il “New York Times” è impossibile non vedere nelle pagine di L’umiliazione, un esplicito e struggente atto di accusa contro una vita che nelle opere recenti viene rappresentata alla stregua di un mistero carico soprattutto di inspiegabile dolore. Ma la letteratura, almeno negli ultimi testi di Roth, non serve a raccontare i risvolti intimi della propria esperienza (come fece spesso all’esordio), bensì a dar conto nella maniera più asettica e oggettiva possibile dell’intero arco dell’esistenza individuale, concentrandosi soprattutto sui nodi più problematici.



Sotto questo profilo in nucleo tematico del romanzo è in alcune parole del protagonista che così riassume la genesi della sua crisi: “Quando reciti la parte di qualcuno che va in pezzi, quella parte ha un ordine e un’organizzazione. Quando osservi te stesso andare in pezzi, quando la parte che reciti è quella del tuo crollo, c’è qualcos’altro che emerge, è qualcosa intriso di terrore e di paura”. Philip Roth dà conto della caduta verticale del suo personaggio con straordinaria lucidità, osservandolo a distanza e senza alcuna caduta nel sentimentalismo. E, proprio per scacciare i dubbi di chi ha sospettato un legame tra lui e Simon Axler, ha appena annunciato di essere al lavoro su un nuovo romanzo che uscirà tra pochi mesi. Roth, dunque, non getta affatto la spugna, anzi rilancia. Magari in attesa di quel Nobel che a Stoccolma continuano a negargli anche se, sul piano del valore della sua opera, non teme certo confronti e possiede tutte le caratteristiche per ottenerlo.
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