Tendenza Latella
di Maria Latella

Milano e Roma? La differenza la fanno gli abitanti (e il senso di responsabilità )

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Sabato 21 Novembre 2015, 21:45 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 14:40
Si fa un gran discutere delle differenze tra Roma e Milano. Il presidente dell'authority anticorruzione Raffaele Cantone dice che a Roma mancano gli anticorpi. Il prefetto Tronca, neo commissario in Campidoglio, constata "questo Stato ha bisogno di ritrovare il senso di responsabilita". Tra le righe mi sembra di cogliere un sottotesto che il prefetto lascia comunque intuire: cominciamo a reintrodurlo a Roma, il benedetto senso di responsabilita'. Da residente nelle due citta', Roma e Milano, penso che mai come ora gli abitanti della capitale morale e di quella reale siano distanti. Lontani.. E proprio il senso di responsabilita' mi pare distanziarli. Un paio di esempi. Quando Milano fu sporcata e (almeno in centro) davvero malridotta da una manifestazione black block, il sindaco Giuliano Pisapia invito' i cittadini a ripulirla, armati di secchi, spazzoloni e scope. E i milanesi lo presero sul serio. Molti dei miei amici, quella domenica, non hanno fatto altro che pulire muri e spazzare strade. I primi a farlo sono stati i più ricchi e famosi. A cancellare le scritte, a raccogliere frammenti di vetro e bottiglie, si sono visti milanesi noti, gente dello spettacolo, avvocati dagli studi milionari, superprofessionisti. Quando, poche settimane fa, è toccato a Roma scendere per strada e pulire, raccogliendo l'invito di Alessandro Gassman, la stessa corale partecipazione non si e' vista. Anzi: sfotto', distinguo, la prevedibile sbobba di cinismo e menefreghismo ha sepolto quella che per la citta'poteva essere un'occasione per ritrovarsi. Per molti genitori anche la chance di dare un buon esempio ai figli. "Bisogna ritrovare il senso di responsabilita" dice il prefetto Tronca. Ma senza esempi, dove si va a cercarlo? A Roma sembra essersi nascosto con astuzia, il benedetto senso di responsabilita'.. Surclassato, a tutti i livelli, dal noto mantra: "Aho', e mica e'compito mio". Giorni fa, passeggiando vicino al Tevere nella discesa di Testaccio, incrocio un netturbino con molti orecchini e lunghi capelli trattenuti da un vezzoso cerchietto. Gli chiedo se puo"cortesemente spingersi verso la discesa, a pochi passi dal cestino dei rifiuti che stava svuotando, per raccogliere vestiti e rifiuti abbandonati e li'giacenti da giorni. Mi guarda con aria scocciata. "Nun e'compito mio. Io devo puli' i cestini". Replico che si tratta, davvero, di fare soltanto due passi. Sbuffa."Allora co 'sto principio me tocca de puli' tutta Roma". Eccolo li', il mantra. Diffuso e condiviso, dispiace dirlo, non solo tra i dipendenti Ama ma tra tanti residenti a Rom. Fare il minimo indispensabile, il poco che richiesto. Il resto? Non e'affar mio. Vale anche se si cambia set e se si passa dal camion della nettezza urbana alle cene per happy few organizzate per beneficenza. Anche in questo Milano e Roma sembrano lontane. Lunedì scorso, a Milano, Paolo Colonna, a capo del fondo Permira, invita amici e conoscenti per l'annuale asta benefica con raccolta di fondi per l'onlus da lui fondata, "Il volo", una comunita' che da anni aiuta giovani con problemi psichici. Li riavvicina alla vita normale, ora anche attraverso un ristorante e la coltivazione di orti e serre. La sede e' il Pac, di fronte al parco. Un battitore famoso, Filippo Lotti di Sotheby's propone opere interessanti, da un disegno di Michelangelo Pistoletto a una foto di Gianni Berengo Gardin, i presenti si contendono le bici riviste da street artist, le sculture. Alla fine Paolo Colonna e i suoi compagni di avventura de "Il volo" possono annunciare che alla comunita' andranno ben novantacinquemila euro. Raccolti grazie alla generosita'dei tanti professionisti che hanno volentieri restituito una infinitesimale porzione 'delle loro corpose dichiarazione dei redditi. Mentre chiacchiero con commercialisti cosmopoliti e signore che sanno far uso di ironia ma senza per forza scadere nel cinismo, penso a una analoga serata romana. Un paio di anni fa. All'asta andavano oggetti di cui, con tutta la buona volonta', nessuno avrebbe sentito la mancanza: la maglia del tal giocatore della Lazio, il guanto da baseball del talaltro sportivo. Lo scopo benefico era generico e non ben precisato, non locale e non verificabile, come invece la comunita' milanese, collocata a due passi dalla citta". Ai commensali presenti alla cena, peraltro, della beneficenza per cui si erano li' riuniti non importava un beneamato piffero. L'incasso dell'asta fu, se non ricordo male, inferiore ai trentamila euro. Nemmeno il costo del catering e dell'allestimento. Ai tavoli sedeva l'equivalente romano della classe dirigente che l'altra sera si e'vista al Pac, da Paolo Colonna. Ma erano li'per esserci. Non per partecipare. Significa che a Roma siamo tutti cinici, cattivi, disincantati? Non lo so. Non lo credo. Credo però che abbia ragione il prefetto Tronca alla ricerca del senso di responsabilita'. Non si dovrebbe dire, ma in questo caso sia concesso. Buona caccia.
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