Giorgio Ursicino
MilleRuote
di Giorgio Ursicino

Verstappen 10 e lode, è nella leggenda. Il podio di Sainz non basta, ma il duello con Leclerc è uno spettacolo

Carlos Sainz con la Ferrari a Monza
di Giorgio Ursicino
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Lunedì 4 Settembre 2023, 11:53 - Ultimo aggiornamento: 5 Settembre, 20:15

Max, un capolavoro da 10 e lode. Finora, in 73 anni di storia della F1, non c’era riuscito mai nessuno. L’“enfant prodige” della velocità, il pilota “costruito” prima ancora che cominciasse a camminare. Un figlio d’arte al quadrato, avendo come genitori due ottimi driver, ha centrato l’impresa di vincere 10 GP consecutivi. Un’enormità. Veramente tanta roba. Che testimonia lo spessore immenso del ragazzo olandese e quello della sua Red Bull disegnata dal mago Adrian Newey. Come molti esperti hanno commentato, «a Max mancava solo una dote per essere perfetto». Non era certo la velocità, impressionante già da minorenne. E nemmeno l’ardore agonistico e la cattiveria, sovrabbondanti sin dall’esordio.

Neanche la fallosità è mai stata fra le sue doti. Combattente coraggioso, ma mai incline all’errore. Con un’abilità innata nell’adeguarsi alle regole, a volte complesse, del motorsport. I pochi sbagli che ha fatto nella sua carriera erano dovuti alla “mancanza di pazienza”. La voglia di dimostrare, sempre e subito, di essere il migliore. Una capacità che ha acquisito nel tempo, soprattutto guardando l’imperatore Hamilton, in grado di mettere la stessa arte nella cartucciera con alcuni anni di anticipo, solo per ragioni anagrafiche. Ieri, così come diverse volte quest’anno, la gara la poteva perdere solo lui e certamente non l’ha fatto.

A che serve prendersi a ruotate appena si spegne il semaforo se con il passare dei giri la monoposto e le gomme emergono con una superiorità schiacciate. Verstappen non ci casca più. Invece di prendersi la gara, aspetta che il trofeo gli cada in mano, basta farsi trovare pronto per raccoglierlo. Ieri è stato un GP d’Italia spettacolare, con diversi duelli mozzafiato sul filo dei 350 orari. L’unica cosa che sembrava scontata, è come sarebbe andata a finire. E così è finita. Il cannibale ha dominato, precedendo il compagno di squadra, su un tracciato che premia sempre le auto più veloci.

Alle loro spalle due Ferrari e due Mercedes, entrambe con davanti il conduttore con il curriculum meno ricco. Poi il “giovane e l’anziano”, due garanzie. Lando Norris si è tenuto alla spalle Fernando Alonso con due vetture motorizzate Marcedes. La McLaren in crescita e l’Aston Martin meno in palla che ad inizio stagione. Sul circuito di casa, di fronte ad un pubblico entusiasta che a fine gara ha fatto la solita, pacifica, invasione, il Cavallino ha avuto la grinta giusta. Scalciando per tutti i 50 giri e, in alcuni frangenti, tenendo a bada anche le astronavi austriache.

Ora che il Campionato si avvia verso i due terzi del cammino, appare chiaro che, sui circuiti a basso carico, con medie elevate e velocità di punta importanti, la Ferrari è senz’altro la seconda forza. Al Parco ha recuperato punti nel Mondiale Piloti ed addirittura una posizione in quello Costruttori.

È passata dalla quarta alla terza, scavalcando la Aston e il vantaggio sul team di Woking è rassicurante. Si può essere seconda forza anche a fine stagione? Calma, se i rimanenti GP si corressero tutti a Monza, potremmo dirlo sicuramente. Ma non è affatto così e non sarà facile recuperare lo svantaggio nei confronti della Mercedes di Hamilton e Russell. Impresa più alla portata sembra il podio finale, approfittando anche del fatto che Fernando corre quasi da solo, perché il “figlio del padrone” (Stroll) quest’anno non vuole proprio ingranare. Tornado ai ragazzi di Maranello, ieri hanno dipinto un’impresa maiuscola. Non solo perché la SF-23 andava come si deve, consumando le gomme più della RB ma reggendo benissimo il confronto con tutti gli altri.

Per evitare di abbattersi, conviene tenere i piedi per terra e non esaltarsi, incassando le soddisfazioni lombarde senza dimenticare i bocconi amari. I due piloti sono stati magnifici. Hanno guidato con ardore e determinazione, non passeggiando come super Max, ma facendo fumare le gomme già alle corde, duellando anche fra di loro. Fred, alla prima volta monzese da ferrarista, ha rischiato l’infarto, ma il francese ha tenuto duro non dando direttive sul comportamento e confermando l’abilità nel gestire il materiale umano. Il terzo e il quarto posto erano ormai sicuri e il manager ha rischiato di finire in un patatrac rosso pur di rispettare le regole strategiche: «In Ferrari non ci sono prime guide.

Se uno dovrà aiutare l’altro, lo deciderà la classifica al memento opportuno...», aveva detto quando è arrivato. Carlos ha fatto un weekend perfetto, conquistando la pole e resistendo al campione del mondo fino che ha potuto. Nel finale, anche se con le coperture messe peggio di Charles per non aver quasi mai potuto utilizzare i Drs, ha resistito agli assalti del compagno, dimostrando di poter rivaleggiare con lui, non solo come ritmo e visione di gara, ma anche come velocità pura. Il principino ha fatto vedere di essere anche un uomo squadra e di apprezzare, almeno a parole, i risultati della Scuderia: «Abbiamo fatto il massimo, la RB resta più forte. Avrei preferito salire sul podio, ma sono contento lo stesso per il risultato di Carlos...».

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