Giorgio Ursicino
MilleRuote
di Giorgio Ursicino

Automotive lascia spazio a mobilità: un termine inclusivo che mette al centro le necessità umane

Una stazione di ricarica per auto elettriche
di Giorgio Ursicino
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Martedì 16 Gennaio 2024, 12:24 - Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 11:47

Mobilità è la parola magica. Elettrico o no, il mondo dell’auto ha voltato pagina. Con molto rispetto ed altrettanta cautela, ha, mano mano, messo da parte la globale definizione di “automotive” per virare verso un concetto più moderno ed inclusivo. Un termine maggiormente ampio che, al di là di un settore seppur strategico, è capace di includere aspetti più umani e meno industriali. Unanimemente riconosciuti, che, nell’immaginario popolare e anche in gergo politico, sono considerati dai più quasi «un diritto universale». Il ventesimo secolo ha cambiato l’amato globo, rendendolo alla portata di tutti grazie alla diffusione popolare dei veicoli. Oggi nessuno potrebbe rinunciare a questa libertà. Neanche di fronte alle esigenze improcrastinabili dell’ambiente in grave difficoltà, sconvolto dagli eventi tempestosi dei mutamenti climatici dovuti, in gran parte, alla temperatura che sale.

I costruttori del comparto hanno fiutato l’opportunità e si sono buttati a capofitto nel nuovo corso del business che ha molti sostenitori e pochi avversari. Un cambio di approccio non di poco conto per una categoria virtuosa ma, ritenuta spesso ingiustamente, «inquinante e pericolosa», causa dei molti mali che strozzano il pianeta. L’auto elettrica, o se preferire BEV, è una soluzione obbligata, non una scelta. Una volta a regime, renderà la mobilità più efficiente e meno inquinante. Più silenziosa ed accessibile. Senza l’anacronistico tubo di scarico. Il motore a combustione interna, oltre un secolo fa, ha mandato in soffitta il propulsore a vapore. Quello ad elettroni farà la stessa cosa con il “rivale” ad idrocarburi finito nell’occhio del ciclone della transizione energetica che non fa sconti a nessuno. Confronto improponibile, sarebbe ingiusto fare un paragone.

D’altra parte, sui treni ad alta velocità che non hanno problemi ad alimentarsi, la motorizzazione ad induzione ha spazzato da tempo tutti per la sua superiorità. Ci vorrà un po’ di tempo, ma è scontato che l’umanità dovrà utilizzare fonti di energia sostenibile, qualsiasi esse siano. In modo da soddisfare tutti gli abitanti della Terra che, fra un po’, saranno oltre dieci miliardi. Ma le chance offerte dalla mobilità sostenibile vanno molto oltre la motorizzazione che è un aspetto quasi banale. E le vecchie aziende automotive sono decise a sfruttare ogni spiraglio. Prima di tutto hanno evaporato il temine “Motor” dalla propria ragione sociale cosa che, con più impeto e meno delicatezza, hanno fatto anche gli antichi Saloni. Oggi non si chiamano più “motor show” o “auto show” abbinati al nome della metropoli ospitante, ma Mobility Show. Da Tokyo a Seul. Dal Giappone alla Corea. Fino ad arrivare a Monaco nella aristocratica Baviera, fanno tutti così.

In più, il comparto offre tante strade per muoversi in verticale e riappropriarsi dell’intera catena del valore che sta nel frattempo diventando sempre più ricca. È una perdita di tempo soffermarsi sul dualismo elettrico-termico, la sfida si giocherà su altri tavoli. Aumenteranno i mezzi di trasporto, non saranno più limitati principalmente alle auto. L’esigenza è la mobilità, e di questa le case costruttrici vogliono impossessarsi. Offriranno prodotti e servizi per muoversi liberamente, spendendo il meno possibile e, soprattutto, ottimizzando il tempo che diventerà un bene sempre più prezioso. Prenderanno piede i droni ed i robotaxi, aprendo la strada alla guida autonoma che cerca il supporto del software avanzato, dell’elettronica e, anche, dell’intelligenza artificiale.

Il tutto condito da una connessione totale per scambiarsi “over the air” miliardi di dati, da una “nuvola” all’altra.

Nella Mobilità sono coinvolti tutti. Dalle start up della Silicon Valley alle emergenti aziende cinesi, da chi si occupa di sensori e telecamere, ai satelliti e agli specialisti in cartografia. L’Europa cerca di ripartire, ma è un po’ in ritardo rispetto alle due potenze (Usa e Cina) e non è affatto detto che imporre per legge le auto ad inquinamento zero dal 2035 sia una panacea. Sul tavolo ci sono miliardi e le borse del mondo intero spingono, attratte da margini sempre più invitanti targetizzati dai protagonisti. Cambierà anche l’offerta di veicoli e, per alcune aree geografiche come il nostro continente, ci sarà una bella sferzata di aria fresca. Nei prossimi anni arriveranno sul mercato modelli più compatti e dal costo inferiore che, senza dubbio, daranno impulso alle vendite.

«Era ora, se ne sono accorti...» ha commentato qualche operatore. In realtà, non è così semplice. L’industria è globale e chi ha il compito di indirizzarla si deve occupare prima dei grandi volumi, poi delle “nicchie”. Circa la metà del mercato globale lo fanno attualmente Cina e Usa dove le automobili più corte di quattro metri e mezzo sono una rarità. Facile capire che il brand più globale che ci sia, che ha i modelli elettrici più richiesti in Nord America, in Europa ed in Cina (e quindi nel globo), abbia il suo veicolo più compatto lungo oltre 4,70 metri (la Model 3). I due paesi chiave per l’“ex automotive”, che in molti aspetti hanno visioni contrastanti e tuttora giocano a fare a braccio di ferro, in fatto di vetture abbiano gli stessi gusti. Proprio a Pechino e dintorni sono nate le proposte col passo allungato.

Sia come sia, Elon Musk sta da tempo preparando la Model 2 ed anche gli orientali copriranno questa fascia, soprattutto con il leader BYD, multinazionale eccellenza anche delle batterie. I marchi europei sono fra i più interessati perché il segmento ha rilevanza sul mercato “interno”. La Volkswagen ha già annunciato la ID.2 a 25 mila euro e poi lancerà anche la ID.1 che non supererà i 20 mila. Addirittura avanti in questo percorso è Stellantis che ha già presentato la eC3 e presto svelerà la Fiat Panda e una Opel che avranno versioni a questi livelli di listino. La Renault di de Meo ha fatto di più, creando un’azienda che si occuperà solo di veicoli BEV e di software e realizzerà tutte le vetture a batterie per la Losanga e non solo. Un’impresa coraggiosa, ma molto concreta che punta a ripercorrere in Europa quanto fatto da Tesla e BYD.

Come potrebbe non funzionare? Il manager italiano ha già mostrato le compatte R5 ed R4 ed ultimamente anche la nuova Twingo che sarà proposta a meno di 20 mila euro. Ma il nuovo corso della mobilità sta togliendo il sonno ai costruttori molto più della svolta elettrica che tutti quanti avevano messo in conto. L’inventore di origini sudafricane si è potuto permettere di abbassare i prezzi delle sue auto, oltre per l’innovativa strategia di vendita (le cifre le stabilisce personalmente lui), per i suoi costi industriali più contenuti. Musk ha riportato in fabbrica l’industria siderurgica che lavora i metalli fusi e crea, con le “gigapresse”, una scocca molto più sofisticata ed economica. Gli altri se ne sono indubbiamente accorti e stanno cercando di reagire. La prima ad arrivare sembra sia la Toyota, ma la casa americana ha accumulato un bel vantaggio.

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