Scuola a settembre, tutti i dubbi dei presidi: «Plexiglass e orari scaglionati? Impossibili»

Un'aula scolastica
La scuola a settembre? Per ora resta una tela bianca tutta da disegnare. Dopo la conversione in legge del decreto, mancano le linee guida che verranno approvate nei prossimi...

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La scuola a settembre? Per ora resta una tela bianca tutta da disegnare. Dopo la conversione in legge del decreto, mancano le linee guida che verranno approvate nei prossimi giorni, ma quanto emerso sinora non convince affatto i dirigenti scolastici del Viterbese.


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Fiorella Crocoli gestisce l’istituto omnicomprensivo di Orte, con oltre 1.500 iscritti dall’infanzia fino alle superiori. “È ancora tutto molto indicativo e non sappiamo dare risposte concrete alle famiglie. Prendiamo il distanziamento: va garantito, certo, ma non abbiamo spazi sufficienti per farlo. Oppure lo scaglionamento degli ingressi e delle uscite: sarà impossibile farlo combaciare con l’organizzazione delle lezioni. Al momento – spiega la preside – non c’è immediata applicabilità delle indicazioni date”. L’ipotesi di sdoppiare le classi creerebbe problemi di organico. "Forse – continua Crocoli – la soluzione più immediata potrebbe essere alternare la didattica a distanza con quella in presenza. In ogni caso, stiamo valutando con il Comune di Orte l’isituzione di un tavolo di lavoro che coinvolga anche le famiglie”.

Forti perplessità anche da Valeria Monacelli, dirigente dell’istituto comprensivo Fantappiè di Viterbo che raccoglie 743 alunni. “Con le strutture che abbiamo e con il personale a disposizione – ragiona – le misure sinora suggerite non sono praticabili. Se dovessimo fare i turni, servirebbe un organico maggiore, ma quello assegnato è identico all’anno precedente. Le aule? Le mie sono tutte occupate: potrei liberare la biblioteca e la stanza dei docenti per creare due nuove classi. Ma ho già fatto le simulazioni: non riuscirei comunque a sistemare tutti gli alunni”. La situazione peggiore è all’infanzia: “I protocolli ci chiedono – prosegue – di calcolare per ogni bimbo un raggio di azione di 1,5-2 metri per stabilire quanti possono entrare in un’aula. E i restanti dove li metto?”.


Ancora più dure le critiche di Andreina Ottaviani, preside dell’unico istituto alberghiero della provincia, con sede a Caprarola. “Il 98% dei miei 800 alunni provengono da altri paesi: come faranno a viaggiare rispettando le distanze sugli autobus? E come arriverebbero a scuola se si scaglionassero gli ingressi”, si chiede. La soluzione dei plexiglass? “Non percorribile, ci sono le sedie: significherebbe mettere gli alunni dentro un cubo”, risponde. Le lezioni nei musei? “In provincia ce ne sono solo un paio”, ribatte. E quelle nei parchi? “Una proposta idilliaca che non commento”, replica. Per Ottaviani l’unica via percorribile se il Covid non dovesse sparire è quella di dotare ogni alunno di un tablet e continuare la didattica a distanza. “Ma i professori dovrebbero farla da scuola, seguendo il consueto orario mattutino. E i ragazzi – propone – verrebbero in classe solo per i compiti scritti e per seguire le lezioni nei laboratori, in maniera alternata”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero