Viterbo, protesi difettose, processo a società e ortopedico

Viterbo, protesi difettose, processo a società e ortopedico
​Protesi difettose che si rompono negli arti dei pazienti operati a Belcolle: a giudizio per lesioni colpose, in due distinti processi, una multinazionale svizzera e un...

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​Protesi difettose che si rompono negli arti dei pazienti operati a Belcolle: a giudizio per lesioni colpose, in due distinti processi, una multinazionale svizzera e un ortopedico dell’ospedale. Si tratta del dottor Corrado Ricci che, nel 2009, avrebbe impiantato una protesi difettosa a una pensionata viterbese, Villelma Tomassini, operata per una frattura al femore. I due figli, assistiti dall’avvocato Luca Nisi, si sono costituiti parte civile al posto della madre, essendo la donna nel frattempo deceduta.




L’anziana non sarebbe sopravvissuta ad anni di calvario: a causa della rottura della protesi difettosa è stata sottoposta a ben tre interventi chirurgici. Rimettendoci la vita, lo scorso 9 aprile, all’età di 82 anni, in seguito a una setticemia dovuta alla gravissima infezione sviluppata dalla ferita, mai del tutto rimarginata.

Per la morte dell’anziana la procura ha aperto un secondo fascicolo, stavolta per omicidio colposo, a carico di ignoti. E’ invece ripreso ieri il processo all’ortopedico, difeso dall’avvocato Cesare Gasbarri, rinviato a giudizio con l’accusa di lesioni colpose al termine della prima inchiesta, anch’essa nata contro ignoti. Responsabili civili la Asl e la Unipol. A causa di una presunta partita di protesi al titanio difettose, finite al reparto di ortopedia dell’ospedale di Belcolle, è in corso a Viterbo anche un altro processo, a carico però della multinazionale svizzera che le avrebbe commercializzate.

Due le parti civili, un 58enne di Grotte Santo Stefano e un 44enne di Vitorchiano, assistito dall’avvocato Franco Taurchini, vittime nel 2008 e nel 2010 di un incidente stradale e di un infortunio sul lavoro; anche loro costretti a subire ben tre diversi interventi chirurgici e tuttora alle prese con la riabilitazione.

Una ventina i casi analoghi su tutto il territorio nazionale e non si esclude che il numero possa salire. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero