Allarme inquinamento per il torrente Freddano, a Viterbo. Acque nere come la pece, un odore nauseabondo, migliaia di insetti morti e bolle di gas come se nel fiumiciattolo...
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A dare l’allarme alcuni cittadini, che hanno contattato Viterbo Civica. «Le bellezze naturali della Tuscia sono nel più totale abbandono, basti vedere - dicono dal movimento - le miriadi di discariche abusive sparse nei boschi o lungo i greti di fiumi e torrenti. Ieri si è avuta l’ennesima riprova del degrado ambientale, con un preoccupante fenomeno di inquinamento del torrente Freddano, che circola all’interno del sito storico archeologico di Castel D’Asso e le cui acque dirigono verso alcuni dei luoghi più belli ed incontaminati della Tuscia, fino a raggiungere il fiume Marta».
Definiscono terribile quanto visto ieri a valle del depuratore di Viterbo. «Acque nere come il petrolio con uno strato superficiale praticamente fermo e pieno di insetti morti, il tutto accompagnato da odori nauseabondi, molto simili a quelli prodotti dai liquami fognari. Vista la situazione Viterbo Civica ha provveduto immediatamente - raccontano - a contattare carabinieri e Provincia che in breve tempo hanno raggiunto il sito, constatando come il problema fosse reale e allertando a loro volta l’Arpa».
Viste le caratteristiche visive e le esalazioni prodotte, secondo gli esperti «è ipotizzabile la presenza di reflui ad alto contenuto organico, tipici dei fanghi di depurazione civile con assenza di sospensioni solide e densità molto elevata». La certezza di cosa si tratti si avrà però solo dopo che gli uomini dell’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente avranno analizzato i campioni prelevati. «Al momento, non ci è dato sapere con esattezza le cause di questo ulteriore fenomeno di inquinamento acuto della zona, rammentando - concludono - come uno degli immissari a monte del Freddano sia il torrente Urcionio, ovvero il torrente in cui confluiscono le acque depurate provenienti dal depuratore comunale di Viterbo, lungo strada Bagni». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero