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«Non si tratta solo di persone che faticano ad arrivare a fine mese, la situazione povertà è molto più complessa e non ci si può più coprire gli occhi». Dalla spesa, alle medicine, dalle bollette alla necessità di un posto letto, dall’emergenza casa a quella educativa segnata dall’abbandono scolastico: il numero di viterbesi in difficoltà continua ad aumentare e il presidente della Caritas diocesana Luca Zoncheddu lancia l’allarme: «mancano strutture e risorse».
L’obiettivo è quello di riuscire ad ottenere la più larga fetta possibile di fondi che il PNNR ha messo nella lotta contro la povertà: «lavoriamo in tandem con il Comune, è stata creata una cabina di regia per capire come e dove occorra intervenire con più velocità – spiega Zoncheddu -, purtroppo navighiamo su un mare molto vasto».
Una curva che non scende significa una fascia di povertà assoluta che si allarga: un gorgo, dove precipitano anche famiglie con minori, in cui diventa difficile portare assistenza a tutti. I numeri del primo mese del 2023 disegnano una realtà difficile: a raddoppiare non sono solo quelli delle persone che chiedono assistenza alla mensa ma anche di chi fa richiesta di un letto. Spiega Zoncheddu: «siamo passati da 4 a 13 unità per il dormitorio, mentre i pasti serviti sono passati da 25 a 50, 70 se contiamo anche la cena». Presi di mira anche gli altri servizi che la Caritas mette a disposizione dalle docce: «circa 40 le persone che ne usufruiscono», alla lavanderia.
Ai problemi numerici si aggiungo quelli strutturali «gli alloggi per i dormitori andrebbero ampliati. Di cosa serve, poi, si potrebbe fare la lista – continua Zoncheddu -. Ma non è così che dobbiamo ragionare, il contrasto alla povertà va affrontato in maniera diversa: senza cucire più toppe ma iniziando a costruire un nuovo modello gestionale con la persona al centro».
L ’approccio emergenziale sperimentato a partire dalla pandemia (e tutt’ora in piedi davanti all’emergenza occupazionale ed al boom dell’inflazione) è insufficiente. Serve, piuttosto, un approccio strategico mirato fornire a chi è nella difficoltà gli strumenti per fronteggiare il disagio, rinsaldare i legami sociali e riprendere il controllo della propria vita.
Il tempo, però stringe. Sotto pressione non solo la Caritas, ma l’intero ramo dell’assistenza a cominciare dalle parrocchie. «Richieste di cibo e bene di prima necessità soprattutto – spiega Zoncheddu -. Ma le persone chiedono anche soldi per pagare le bollette di luce e gas. Le parrocchie fanno quello che possono. Sono poche poi, quelle che aspettano donazioni: la maggior parte provvede ad acquistare beni alimentari contando sulle proprie forze».
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Il Messaggero