«Non si tratta solo di persone che faticano ad arrivare a fine mese, la situazione povertà è molto più complessa e non ci si può più coprire gli occhi». Dalla spesa, alle medicine, dalle bollette alla necessità di un posto letto, dall’emergenza casa a quella educativa segnata dall’abbandono scolastico: il numero di viterbesi in difficoltà continua ad aumentare e il presidente della Caritas diocesana Luca Zoncheddu lancia l’allarme: «mancano strutture e risorse».
L’obiettivo è quello di riuscire ad ottenere la più larga fetta possibile di fondi che il PNNR ha messo nella lotta contro la povertà: «lavoriamo in tandem con il Comune, è stata creata una cabina di regia per capire come e dove occorra intervenire con più velocità – spiega Zoncheddu -, purtroppo navighiamo su un mare molto vasto». A preoccupare Zoncheddu non è solo l’aumento delle persone che ogni giorno bussano alla porta della Caritas, quanto una situazione ormai cristallizzata: «la curva della povertà non scende– spiega –. Dalla pandemia in poi non hai mai conosciuto una decrescita: credo che questo sia il segnale più preoccupante».
Una curva che non scende significa una fascia di povertà assoluta che si allarga: un gorgo, dove precipitano anche famiglie con minori, in cui diventa difficile portare assistenza a tutti. I numeri del primo mese del 2023 disegnano una realtà difficile: a raddoppiare non sono solo quelli delle persone che chiedono assistenza alla mensa ma anche di chi fa richiesta di un letto.
Ai problemi numerici si aggiungo quelli strutturali «gli alloggi per i dormitori andrebbero ampliati. Di cosa serve, poi, si potrebbe fare la lista – continua Zoncheddu -. Ma non è così che dobbiamo ragionare, il contrasto alla povertà va affrontato in maniera diversa: senza cucire più toppe ma iniziando a costruire un nuovo modello gestionale con la persona al centro».
L ’approccio emergenziale sperimentato a partire dalla pandemia (e tutt’ora in piedi davanti all’emergenza occupazionale ed al boom dell’inflazione) è insufficiente. Serve, piuttosto, un approccio strategico mirato fornire a chi è nella difficoltà gli strumenti per fronteggiare il disagio, rinsaldare i legami sociali e riprendere il controllo della propria vita.
Il tempo, però stringe. Sotto pressione non solo la Caritas, ma l’intero ramo dell’assistenza a cominciare dalle parrocchie. «Richieste di cibo e bene di prima necessità soprattutto – spiega Zoncheddu -. Ma le persone chiedono anche soldi per pagare le bollette di luce e gas. Le parrocchie fanno quello che possono. Sono poche poi, quelle che aspettano donazioni: la maggior parte provvede ad acquistare beni alimentari contando sulle proprie forze».