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Visti i precendenti e le premesse, anche oggi la festa della Liberazione a Viterbo ha registrato un fuori programma. Questa mattina, dopo che i partecipanti al corteo promosso dall'Anpi (associazione nazionale partigiani) fino al Sacrario si sono spostati in piazza San Lorenzo, sede della manifestazione con le autorità istituzionali e militari, sono volati urla e insulti.
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Nel mirino dei gruppi della sinistra presenti alla festa - oltra all'Anpi, Rifondazione Ccomunista, Cgil, Arci, Rete degli studenti medi - il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, tuttora sindaco di Sutri. Al suo indirizzo, al momento di sfilare con la fascia tricolore davanti al picchetto interforze schierato, ai sindaci e alle autorità, si sono levati slogan e fischi.
Sgarbi ha percorso il perimetro della piazza insieme al prefetto di Viterbo, Antonio Cananà. Da qualche decina di contestatori sono volate parole come vergogna e capra, mentre molti si sono voltati dandogli le spalle al suo passaggio. Al momento del saluto alle varie autorità Sgarbi è andato a stringere la mano ai presenti, fino al presidente dell'Anpi provinciale, Enrico Mezzetti, che si è rifiutato di farlo.
Nel suo intervento in piazza Sgarbi - che è anche assessore alla Bellezza al comune di Viterbo - ha poi sottolineato il problema «di cultura per un comportamento, da chi si proclama antifascista, che è di intolleranza e di sostanziale fascismo. Perché si arriva alla democrazia con il dialogo, la tolleranza, anche con il darsi la mano. Il presidente dell'Anpi ha preferito non darmela».
Non è la prima volta che il 25 Aprile a Viterbo registra frizioni e contrasti. Già in passato il picchetto dei militari schierati - allora al Sacrario - era stato ritirato dal comandante durante il discorso di commemorazione dello stesso Mezzetti. Quest'anno, nonostante le "due piazze" organizzate per la Liberazione, il confronto-scontro si è consumato quando il corteo mosso da San Sisto si è poi spostato nella piazza della manifestazione istituzionale.
Sgarbi ha poi rimarcato: «Ci si oppone con le parole e non con i fischi o non dando la mano. Non con l'intolleranza. Ci può essere solo il dialogo per chi ha gli stessi principi della Costituzione: non possiamo non dirci antifascisti».
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