Trasporto, Sandro Rossi tra record, riti e aneddoti: «Io, il capofacchino che ha fatto 13»

Trasporto, Sandro Rossi tra record, riti e aneddoti: «Io, il capofacchino che ha fatto 13»
Lo avevamo lasciato al pronto soccorso, il 3 marzo, con un braccio fratturato a causa di un incidente in moto. «Ma ora ho recuperato»: Sandro Rossi è pronto...

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Lo avevamo lasciato al pronto soccorso, il 3 marzo, con un braccio fratturato a causa di un incidente in moto. «Ma ora ho recuperato»: Sandro Rossi è pronto all’ennesima sfida. E a vincerla. Il capofacchino col prossimo Trasporto farà 13, tanti sono quelli alla guida della Macchina. E adesso ripercorre tutto il tragitto tra ricordi, riti, record e aneddoti.


Come va il braccio dopo l’incidente?
«Va bene, sto pian piano recuperando tutti i movimenti. Ci vuole ancora un po’, ma per quello che devo fare serve la voce: è tutto a posto».

Questo è il suo 13° Trasporto da capofacchino: un record che diventa quasi irraggiungibile.
«Diciamo che allungo la striscia».

Nella formazione ci sono 22 nuovi Facchini, un record anche questo?
«Sì, e rende particolarmente contento tutto il consiglio direttivo. Perché abbiamo fatto felici altrettante famiglie. La festa si espande infatti a parenti e amici e diventa qualcosa di grande. Questo ci dà soddisfazione».

Dopo tante volte alla guida della Macchina c’è ancora la stessa motivazione degli esordi?
«Il primo anno era una novità, quindi c’era un po’ di preoccupazione. Poi con il passare del tempo acquisti fiducia e vai meglio. Con l’avvicinarsi di Santa Rosa l’adrenalina sale comunque: è sempre coinvolgente. Dopo l’incidente avevo qualche timore per il braccio, fortunatamente invece va tutto bene. Il morale è alto».

Il momento più difficile dei precedenti Trasporti?
«Non ce n'è qualcuno in particolare».

La soddisfazione più grande?
«Dopo tutti questi anni ho avuto ancora dai Facchini fiducia e massima stima. Essere rieletti dopo tanto tempo non era mai successo: dopo un po’ vogliono qualcosa di nuovo. Invece non è accaduto ed essere riconfermato così significa che non abbiamo lavorato inutilmente. Vale per me e anche per il presidente del Sodalizio, Massimo Mecarini».

Ora il contrario: l’amarezza più forte?
«Come nella vita, ci sono momenti particolari in cui lasceresti tutto e altri in cui recuperi le forze e vai avanti. Non si può abbandonare ma fare in modo che vada meglio. Perché il Sodalizio ci sarà anche dopo di noi».

La parte più insidiosa del 3 settembre?
«Il boschetto, il ritiro dai frati cappuccini. Lì bisogna caricare di benzina i Facchini, è il momento più cruciale, dove occorre dare loro forza e coraggio. Prima siamo stati in giro, abbiamo passeggiato, ci sono state le famiglie, ci siamo rilassati: ma da quel momento in poi bisogna essere concentrati. La Macchina non è un gioco, è una cosa seria e serve impegno».

Ha un rito?
«Il 2 settembre: mi ritiro a casa da solo tutto il pomeriggio e penso a ciò che devo fare e dire il giorno successivo».

Ieri sera la cena tecnica con i Facchini: cosa succede in quei momenti?

«Si spiega a ogni reparto cosa deve e non deve fare. Perché a volte, presi dalla foga, si cerca di strafare. Invece è necessario che ognuno faccia bene il suo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero