Pesci morti, schiuma bianca ed esalazioni maleodoranti. Allarme inquinamento nel fiume Marta (in provincia di Viterbo) dopo che, domenica mattina, nel tratto che attraversa la...
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Emanata l'ordinanza che vieta l'utilizzo dell'acqua per scopi agricoli e per abbeverare gli animali. A far suonare il campanello allarme è stato dapprima il cattivo odore nell'aria, simile a quello del letame, poi ad un'occhiata più attenta, tra la vegetazione spontanea che cresce lungo le sponde, sono apparse la schiuma bianca e la fauna ittica galleggiante. Immediata la chiamata al 112. Sul posto i carabinieri forestali e quelli della locale stazione, gli agenti della polizia municipale di Tuscania ed alcuni amministratori comunali.
Dopo poco, sono arrivati anche i tecnici di Arpa Lazio che hanno provveduto ad effettuare dei campionamenti nelle acque del Marta. I forestali hanno effettuato un accurato sopralluogo risalendo il fiume per individuare eventuali tracce di sversamenti o attività che potrebbero aver causato la moria dei pesci. Sono stati anche ispezionati terreni agricoli privati, valutando la possibilità che liquami derivanti da escrementi animali - utilizzati normalmente per concimare - possano essere defluiti nelle acque, provocando anche il cattivo odore che si avvertiva indistintamente in tutta la zona.
E' stato anche effettuato un controllo al depuratore di Marta, ma non sarebbero state riscontrate anomalie. Il depuratore è finito al centro di recenti polemiche dopo che il Movimento 5 Stelle di Montefiascone ha denunciato lo sversamento di liquami dalla stazione 20 del Cobalb, presentando anche un esposto alla Procura della Repubblica. Di quanto accaduto ieri sono stati interessati anche i sindaci di Tarquinia, dove sfocia il fiume, e Monte Romano, oltre che Fabio Bartolacci, primo cittadino di Tuscania.
E proprio quest'ultimo era presente sul posto: «Abbiamo emesso una ordinanza che vieta l'utilizzo dell'acqua a scopi agricoli e per l'abbeveramento degli animali almeno fino a quando non conosceremo l'esito delle analisi effettuate da Arpa. La situazione è preoccupante anche perché, nel caso di Tuscania, siamo all'interno di una riserva naturale». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero