Rapina all'Ufficio postale di Canino, arriva l'Appello per i sei condannati

Carabinieri
Rapina all’ufficio postale di Canino, fissata la data dell’Appello. I sei rapinatori già condannati in abbreviato tentato la carta del secondo grado....

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Rapina all’ufficio postale di Canino, fissata la data dell’Appello. I sei rapinatori già condannati in abbreviato tentato la carta del secondo grado. L’udienza è stata fissata per il prossimo 30 maggio. Il 28 novembre 2020 un uomo, travestito da corriere, entra nella filiale delle Poste di via Garibaldi a Canino poco prima della pausa pranzo. E pistola in pugno si fa consegnare 200mila euro, custoditi nella cassaforte.

Un colpo facile e veloce. Le indagini, di carabinieri e Polstrada coordinate dalla Procura di Viterbo, partite immediatamente, portano prima a tre persone sospette, che avrebbero parcheggiato un’automobile rossa proprio di fronte alle Poste nel momento della rapina. Auto che poi venne inquadrata dalle telecamere di sicurezza cittadine mentre lascia Canino. Ma la perquisizione arriva a un vicolo cieco. Gli investigatori aprono un’altra pista. Controllano le telecamere, quelle della filiale, quelle della strada e quelle nel paese. Controllano anche gli sms scambiati dai tre. E scoprono che nella rapina c’è qualcosa che non va. Troppo semplice perfino per esperti rapinatori. E qui che capiscono che per la buona riuscita del colpo la banda deve aver trovato un infiltrato. L’infiltrato risponde al nome del direttore della filiale, in procinto di essere sostituito. Sarebbe stato lui a collaborare con il gruppo per la buona riuscita del colpo.

Gli inquirenti gli mettono gli occhi addosso e in poco tempo lo fermano con il bottino ancora nella borsa. Già condannati in primo grado a 5 anni e 8 mesi agli ideatori e 4 anni e 8 mesi al direttore complice. Domenico Palermo e Daniele Casertano assistiti dall’avvocato Salvatore Orefice a 5 anni e 8 mesi ciascuno, Christian Lanari difeso dagli avvocati Samuele De Santis e Graziana Papa, a 5 anni, Riccardo Carloni Modesti (avvocato Luigi Mancini) a 5 anni, il direttore delle Poste Massimiliano Ciocia, difeso da Gianni Ceccarelli, a 4 anni e 8 mesi e Roberto Gallo, assistito dall’avvocato Giovanni Labate a 4 anni. All’appello manca solo Bruno Laezza che a differenza dei suoi complici ha scelto il rito ordinario.

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Il Messaggero