Viterbo, ciclista insulta i vigili con l'autovelox: «Spero che qualcuno ve lo spacchi in testa»

Viterbo, ciclista insulta i vigili con l'autovelox: «Spero che qualcuno ve lo spacchi in testa»
Della serie: quando l'autovelox fa perdere la testa. Ma non agli automobilisti spericolati, sermmai ad un pacioso ciclista. ...

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Della serie: quando l'autovelox fa perdere la testa. Ma non agli automobilisti spericolati, sermmai ad un pacioso ciclista.

Sembrava una tranquilla giornata su un altrettanto tranquilla strada provinciale della Tuscia, poco fuori Fabrica di Roma. Due agenti della polizia locale stavano effettuando un servizio di autovelox quando sulla corsia opposta transitano due ciclisti affiancati. “Uno, quello più piccolo, si volta verso di noi e comincia a insultarci: figli di t…, bastardi, quella macchinetta ve la ficco nel c…, spero che qualcuno ve la spacchi in testa. A quel punto, col collega, ci siamo guardati sbalorditi. Poi abbiamo deciso di fermarli”, racconta uno dei due vigili, un maresciallo, in aula. Lui e il collega si sono costituiti – con l'avvocato Giuseppe Picchiarelli – parte civile nel processo che vede imputato uno dei due ciclisti, E. L., accusato di oltraggio a pubblico ufficiale e di rifiuto di fornire le proprie generalità.

Ma torniamo ai fatti di quel 14 aprile del 2014. “Li abbiamo fermati in una via laterale e abbiamo chiesto loro i documenti. Quello che ci aveva insultato ci ha risposto che non erano tenuti a mostrarceli, ma che se proprio insistevamo lui si chiamava E. L. ed era nato il 14 luglio del 1936. Sei sicuro?, gli abbiamo chiesto, visto che era giovane. E lui ha detto di sì, che se li portava bene gli anni. Poi ha aggiunto: voi non sapete chi sono io. Così abbiamo chiamato i Carabinieri”. Che riescono a convincere i due a fornire i dati. Ma, secondo la testimonianza del maresciallo davanti al giudice Giacomo Autizi, le sorprese non erano finite: “E. L. ha preso il cellulare e ha telefonato, o finto di telefonare, chiedendo di un certo Carlo. Ha spiegato che era stato fermato dai Carabinieri a Fabrica di Roma e lo pregava di intervenire”. Naturalmente poi non è successo niente di tutto ciò.


In attesa della sentenza penale – a marzo – l'uomo è stato multato dagli stessi vigili perché pedalava affiancato all'amico, cosa vietata dal codice della strada. E non c'è bisogno dell'autovelox per stabilirlo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero