Neonata morta a Tarquinia: via al processo, parla la madre: «I medici avevano detto che andava tutto bene»

Neonata morta a Tarquinia: via al processo, parla la madre: «I medici avevano detto che andava tutto bene»
Due tragedie speculari, due bimbe che adesso avrebbero quasi tre anni, due coppie di genitori disperati. L'altro ieri a Viterbo è ripreso il processo a due ginecologici...

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Due tragedie speculari, due bimbe che adesso avrebbero quasi tre anni, due coppie di genitori disperati. L'altro ieri a Viterbo è ripreso il processo a due ginecologici accusati di omicidio colposo per la neonata morta dopo 17 giorni al Gemelli. Ieri a Civitavecchia, tra le lacrime della madre, si è tenuta la prima udienza del processo a quattro operatori dell'ospedale di Tarquinia, due ginecologi e due ostetriche, accusati di omicidio colposo per la morte di Viola, neonata deceduta dopo sette ore nel giugno 2012. «Ogni mese si rinnova lo stesso dolore, quando spero di essere incinta e non lo sono», ha detto la donna di Vetralla, 41enne al momento della tragedia. Nonostante il dolore, lei e il compagno ieri hanno deposto in aula. Ancora insieme nonostante il trauma della perdita della primogenita. «L'ho tenuta in braccio qualche minuto dopo morta - ha raccontato la madre - non aveva pianto, ma non ci dicevano cosa avesse, poi ci hanno proposto l'autopsia. Ma non avevano nemmeno avvisato la procura, ci siamo andati noi».


Una bimba desiderata e attesa: «Eravamo felici, sereni, contenti che fosse giunto il momento. La gravidanza perfetta, la bimba sana, sono andata a partorire piena di fiducia». Poi sono sprofondati nell'incubo: «E' venuto il medico alle 8 e ha detto “signora, ma che bel travaglio che sta facendo”. E' stato un fulmine a ciel sereno». Dopo due ore si è consumata la tragedia. Secondo l'accusa sarebbe bastato un cesareo ai primi segnali di sofferenza invece i sanitari hanno aspettato le 22,30, per poi estrarre la bimba con la ventosa, oltretutto scoprendo che aveva il cordone ombelicale attorno al collo. Il processo riprende il 4 marzo.

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Il Messaggero